DIGNITÀ DELLE DONNE

La prostituzione andrebbe legalizzata? Quasi un giovane su due in Italia dice di sì

La prostituzione, per un ragazzo/a su due, non va combattuta, bensì legalizzata. È quello che emerge da una ricerca svolta dalla Pontificia Università della Santa Croce. Come possiamo davvero combattere il maschilismo – che ancora permea la nostra società – se la donna può avere indosso un cartellino, che definisce, in fondo, in modo erroneo, il suo valore?

Secondo il 47% dei giovani italiani tra i 18 e i 29 anni la prostituzione andrebbe legalizzata, il 38% risponde di no a questa domanda e il 15% non ha un’opinione o non vuole rispondere. 

A rivelarlo è uno studio svolto dal gruppo di ricerca internazionale “Footprints”. I dati sono stati resi noti alcuni mesi fa, precisamente a fine febbraio. Footprints è un progetto col quale otto università dei diversi continenti, tra cui la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, intendono conoscere i valori e le aspettative dei giovani, nei rispettivi paesi che sono sedi degli atenei coinvolti: Italia, Spagna, Regno Unito, Kenya, Messico, Argentina, Brasile, Filippine. 

Ebbene, vediamo che in Italia quasi un giovane su due crede che il corpo della donna possa essere mercificato, a patto che ciò avvenga in “modo legale”.

Si crede, forse, di offrire un’alternativa “pulita” alla strada, si crede di combattere i “papponi”, si crede che così la donna sarà libera.

Lascia sgomenti, tuttavia, che la prostituzione, per un ragazzo su due (e in questa percentuale sono comprese ovviamente anche ragazze, che hanno risposto al sondaggio in egual numero rispetto agli uomini), non vada combattuta, bensì permessa a determinate condizioni. Chissà, forse alcuni di loro guardano anche con ammirazione l’Olanda, dove la donna è messa in vetrina con tanto di prezzo e, a fine prestazione, si può ricevere lo scontrino.

Si pensa che sia segno di civiltà: “almeno non stanno in mezzo ad una strada”. 

Proprio pochi giorni fa, il 25 novembre, si è celebrata la Giornata Internazionale dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Ci chiediamo: come si può pensare di combattere la violenza sulle donne continuando a vederle funzionali a dei presunti bisogni dell’uomo? 

Diciamo presunti perché il sesso non è un bisogno, ma un linguaggio (col quale possiamo dire a un altro: “Ti dono tutto di me”), ma a prescindere da questa considerazione, come possiamo davvero combattere il maschilismo che ancora permea la nostra società se la donna può avere indosso un cartellino, che definisce, in fondo, erroneamente, il suo valore?

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Accettando e legalizzando una simile oggettificazione si sta dicendo – all’uomo e all’intera società – che non c’è nulla di male ad assecondare un istinto non educato

Stiamo avvallando la visione per cui la donna è proprietà dell’uomo, visto che si può comprare o avere in prestito.

Si sta dicendo che la donna può essere “usata” (e solo le cose si usano) per soddisfare un desiderio non regolato dall’amore, amore di cui – gridiamolo dai tetti! – ogni donna è meritevole, che lo sappia o meno. 

No, non si può combattere il maschilismo, non si può invocare la parità di genere e parlare di femminismo, accettando parallelamente che la donna diventi “la cosa” di un uomo. Se noi donne per prime accettiamo questa mentalità, il maschilismo sarà inestirpabile.

Donne, ditelo al mondo intero che non avete un prezzo, che non potete mettervi addosso un cartellino e se provate a farlo, credendo di non avere alternativa, che l’universo intero possa smentirvi e aiutarvi

Guardatevi con amore, riconoscete la vostra dignità, e pretendete dall’uomo che faccia altrettanto. Altro che legalizzare la prostituzione: ditelo a chiunque vuole comprarvi che può anche rimettere in tasca il suo lurido portafogli. E ribellatevi a chi pensa che si possa guadagnare su di voi, rendendo legale e fonte di introiti per lo Stato questa vera e propria schiavitù. 




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