L’Avvento quest’anno assume un significato più intenso: ci introduce nell’Anno Santo, nel Giubileo 2025. È certamente una tappa importante, un’occasione che ci invita a cambiare qualcosa nella nostra vita. Saremo chiamati a varcare la Porta Santa. Sappiamo che nel passare questa soglia, il pellegrino si ricorda del testo del capitolo 10 del vangelo secondo Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Il gesto esprime dunque la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore. È Lui la Porta Santa che ci dona salvezza.
Tutto questo è molto bello e significativo ma concretamente per la nostra vita familiare cosa significa? Pensando di doverlo spiegare in una catechesi fatta nella mia parrocchia durante le Sante Quaranta Ore, è sopraggiunta un’immagine a me molto familiare. La soglia della mia casa, il confine che segna il passaggio nel luogo dell’intimità, dell’amore, lo spazio dove si genera la vita. La famiglia in questo Anno Santo è chiamata a rivalutare la casa come il luogo privilegiato nel quale vivere la vocazione alla santità. La casa è lo spazio in cui Dio vuole abitare. Non quella fatta di mattoni ma quella fatta di persone che, pur tra mille difetti e difficoltà, ogni giorno entrano per essere amati ed escono per amare. In una circolarità che non è mai abitudine né rassegnazione.
Nella casa i rumori familiari si confondono con le voci particolari, in un intreccio fatto di parole di speranza, di incoraggiamento, di consolazione. Chi si è recato almeno una volta nella vita ad Alençon, piccola cittadina della Normandia, in Rue St. Blaise, ha potuto visitare il santuario della Famiglia Martin che coincide esattamente con la casa dove hanno vissuto questi coniugi santi insieme ai loro figli. Ancora oggi, dopo più di un secolo, è possibile varcare la soglia e visitare l’abitazione attraverso un percorso che tra luci e suoni lo riporta alla bellezza di una quotidianità scandita dal cigolio delle porte che si aprono, il gorgoglio delle pentole sul fuoco, il dondolio della sedia dove Zelia sedeva durante le sue lunghe ore di lavoro come ricamatrice, lo scrittoio dove scriveva le sue Lettere. E poi si percorrono le scale che vanno alle camere da letto mentre si ascolta la voce di Teresa, un frugoletto piccolo di appena due anni che ad ogni gradino chiama la mamma e la madre risponde dolcemente: “Therese”. Ancora le camere da letto, quelle delle bambine con la statua della Vergine del Sorriso dove la famiglia si riuniva per pregare e infine la camera di Luigi e Zelia Martin con la statua di san Giuseppe davanti alla quale Zelia e Luigi si inginocchiano per chiedere la grazia della guarigione ma anche il conforto per la perdita di quattro dei loro nove figli.
La camera da letto è divisa da una parete di vetro dalla Cappella di Santa Teresa cosicché chi prega o partecipa a Messa lì può capire che la santità di questi sposi è fatta di gesti piccoli, di tenerezze quotidiane, di sacrificio sopportato con amore, di dolore offerto, di carità operosa. Sì, il focolare domestico di questa famiglia è il luogo dove Luigi e Zelia si sono santificati.
Pensiamo allora alle nostre case, ai luoghi dove si consuma l’intimità e la bellezza della vita familiare. È il luogo dove risplende il primato di Dio? È lo spazio dove la famiglia si riunisce per pregare insieme intorno alla mensa o di sera davanti ad una immagine della Vergine per affidare a Lei tutte le nostre necessità? Tra le mura domestiche, Luigi e Zelia vivevano l’arte della contemplazione di Dio ma anche reciproco. Contemplazione che significa cura amorevole. I loro occhi erano ben collocati verso Dio e questo amore permetteva loro di avere un’attenzione gli uni verso gli altri.
La loro casa era aperta e accogliente per chiunque bussasse perché il cuore di questi sposi era caldo, spazioso e pronto al “dono di sé”. Al processo per i genitori, Celina Martin, al Carmelo Suor Geneviève, depone circa l’amore del papà e della mamma verso i poveri: “Se in casa nostra regnava l’economia, quando si trattava di soccorrere i poveri vi era la prodigalità. Li si preveniva, li si cercava, quando non si insisteva per farli entrare in casa, dove erano nutriti, riforniti di viveri, vestiti, esortati al bene”.
In casa, fra le calde e amorose pareti domestiche, ognuno ha ricevuto e dato. Nonostante il lavoro di entrambi, l’uno e l’altro hanno comunicato i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini. Sono stati i primi maestri nell’iniziare i figli alla preghiera, all’amore e alla conoscenza di Dio, facendosi vedere a pregare da soli e insieme, accompagnandoli alla Messa e alle visite al SS. Sacramento. Quelle mura sono state anche attraversate da un grande dolore: la malattia e la morte di Zelia a 46 anni per un carcinoma al seno.
Possiamo varcare la Porta Santa come famiglia a patto di fare della nostra casa il santuario dove risplende la tenerezza di Dio, la gioia della comunione, la carità semplice e quotidiana di mettere l’altro al primo posto. È questa speranza che ci fa giubilare, cioè, gridare di gioia mentre varchiamo la Porta del cuore del Padre, il suo Figlio Unigenito.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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