Ogni sera cerco di preparare con cura la piccola porzione di tavola che ospiterà la nostra colazione al mattino. Metto le tazze, le posate, il tovagliolo piegato, la zuccheriera al centro. “Perché perdi tutto questo tempo?” mi dice mio marito. Perché è un esercizio di speranza, un modo per allenare continuamente il cuore ad un’attesa che ogni giorno diventa compimento.
Abbiamo perso il gusto dell’attesa. E per questo che forse abbiamo smesso di educare anche i nostri figli ad attendere, a desiderare, ad impedire che le attese si trasformino in pretese. Viviamo immersi in un continuo fast food di sentimenti, emozioni, cose che riempiono la nostra giornata e ci lasciano sempre più affamati e più soli. Passeggiavo per via dei Condotti a Roma in questi giorni, una mano in tasca per il freddo, l’altra intrecciata a quella di mio marito. Guardavo la gente uscire ed entrare dai negozi delle grandi firme della moda con i prezzi da capogiro in vetrina. E pensavo tra me: cosa attendiamo per questo Natale? Chi attendiamo veramente? E questa attesa da cosa è riempita?
Ci prepariamo a vivere il Giubileo della speranza e credo che la speranza abbia molto a che vedere con l’attesa. Cosa mi attendo da questo anno? Cosa mi attendo da chi amo? Cosa mi attendo dal lavoro, da un’amicizia, da un figlio? Avere un’attesa significa non abituarsi, non dare per scontato tutto. Significa rivestire di amore anche i gesti più semplici. Forse è per questo che alla fine di ogni giornata preparo la tavola per l’alba che verrà. Preparo il cuore e in quell’attesa è nascosta già la mia speranza.
Sono stata educata ad attendere. Nella mia adolescenza con un gruppo di amici, guidati allora dal giovane parroco arrivato nella nostra chiesa poco tempo dopo l’ordinazione, abbiamo formato una piccola comunità e ci siamo dato un nome “La Sentinella” evocando un passo del libro del profeta Isaia “Sentinella, quanto resta della notte?”. Il nostro unico desiderio era che la nostra preghiera diventasse quella lama di luce all’orizzonte che annuncia l’arrivo di un nuovo giorno. “Sta per venire il mattino…”. Bisogna crederci, bisogna lavorare, bisogna educarsi ad attenderlo anche quando tutto sembra gridare ad una notte senza fine.
Dio è uno che educa le nostre attese. È uno che non ci lascia nella rabbia delle nostre pretese non realizzate, è uno che ci solleva dalla pozzanghera della rassegnazione e ci chiede di essere sentinelle del mattino. Così ha fatto con Abramo, con Zaccaria, con Maria, con gli apostoli. Ha chiesto una fede che sa attendere con speranza. Cosa? Non i nostri desideri ma il suo progetto d’amore. Per quanto tempo dobbiamo attendere? Per ogni oggi.
Vorrei fare mia questa preghiera di Teresa di Gesù Bambino: “La mia vita, o Signore, è un istante che passa, un momento che fugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra, non ho altro che l’oggi. Che importa, Signore, se l’avvenire è oscuro. No, io non posso pregarti per il domani. Mantieni puro il mio cuore, coprimi con la mia ombra, e non sia che per l’oggi. Io non ho, Signore che quest’oggi mio fuggitivo per darti un frutto d’amore, un grappolo di cui ogni chicco sia un’anima. Donami tu, Gesù, il fuoco di un apostolo, e sia per oggi. Amen”.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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