Mi confermate che siamo alle porte del 2025? Siamo certi di essere nella società dove si fanno convegni sull’Intelligenza artificiale, dove si pensa di andare a fare lezione su Marte e di raggiungere New York dall’Europa in una manciata di minuti? Non è possibile, e lo ripeto, è assurdo.
Ieri pomeriggio quattro bambini stavano facendo la fila per il pane davanti a un forno del campo di rifugiati di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza. Ma invece del cibo hanno ricevuto bombe. Bombe capite? Noi qui a discutere se addobbare l’albero di rosso o di bianco e loro lì a morire per un pezzo di pane. Non voglio nemmeno entrare nella questione politica, così delicata e dolorosa. Il sangue di queste vittime innocenti me lo sento addosso. Mi inquieta, mi impedisce di essere tranquilla, chiama in causa il mio essere madre. Sono figli nostri.
Qualcuno dirà che le tragedie sono così tante e in ogni parte del mondo che indignarsi per tutto e per tutti toglierebbe il sonno. E così dovrebbe essere. Più della figura dei tiranni o di coloro che pensano di combattere una guerra giusta, mi sgomenta chi ne è complice silenzioso, chi vede un telegiornale e dorme sereno o fa altro per non sentire quell’angoscia che ha provocato in sé quella notizia.
L’indifferenza ha tanti volti ma ci appartiene ogni qualvolta non ci indigniamo per chiunque uccida la vita. Abbiamo paura di guardarci dentro. Costa. Obbliga anche a prendere posizione, e a rispondere a quella domanda scomoda: per chi o per cosa vivo, faccio le mie scelte? Dobbiamo restare vivi, svegli e non addormentati. Restare umani, insieme. Insieme per vegliare su questi bambini, sull’indifferenza generale. Insieme per cercare risposte, per non stancarci di supplicare il buon Dio perché intervenga.
Vedo che ragazzini di appena dieci anni giocano ai videogiochi dove si sparano e si ammazzano. Come è possibile trasformare in gioco questa orrenda realtà? Da chi vengono accompagnati? Chi li tutela? Chi li aiuta a fermarsi, a fare la fatica di guardarsi dentro, di ascoltarsi e magari anche di scegliere un altro gioco? Chi li protegge dall’indifferenza? Chi li aiuta a crescere facendosi carico dell’altro, accorgendosi di lui e non colpendolo a tradimento o per gioco?
Sono domande scomode, fatte in ginocchio. Ai piedi di quei corpi martoriati troppo presto. Bambini uccisi per un pezzo di pane. Le parole mi muoiono in gola mentre mi aggrappo ad una preghiera mista a lacrime di rabbia. Come possiamo abituarci al male?
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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