ANNUNCIARE IL VANGELO

Papa Francesco: “Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge”

Come si annuncia il Vangelo? Come si porta speranza nel mondo? Dal papa un insegnamento importante, che possiamo custodire in questo tempo di Avvento: “Non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!”

Arrivando al termine delle sue catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa, durante l’udienza di mercoledì 11 dicembre papa Francesco ha voluto dedicare un’ultima riflessione al titolo dato all’intero ciclo, e cioè: “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. 

L’espressione, come ha spiegato, si riferisce a uno degli ultimi versetti della Bibbia, nel Libro dell’Apocalisse, che dice: “Lo Spirito e la sposa dicono: ‘Vieni!’” (Ap 22,17). 

Il papa si è dunque domandato, davanti ai fedeli giunti a san Pietro per ascoltarlo: “A chi è rivolta questa invocazione?” La risposta, netta e chiara del pontefice: “È rivolta a Cristo risorto”. 

Tuttavia, ha specificato: “Questa attesa della venuta ultima di Cristo non è rimasta l’unica e la sola. Ad essa si è unita anche l’attesa della sua venuta continua nella situazione presente e pellegrinante della Chiesa. Ed è a questa venuta che pensa soprattutto la Chiesa, quando, animata dallo Spirito Santo, grida a Gesù: ‘Vieni!’”.

Per Francesco, “lo Spirito Santo è la sorgente sempre zampillante della speranza cristiana. San Paolo ci ha lasciato queste preziose parole: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). Se la Chiesa è una barca, lo Spirito Santo è la vela che la spinge e la fa avanzare nel mare della storia, oggi come in passato!”

Ha voluto dunque insistere sul tema della speranza, il Santo Padre, il quale sarà anche il tema centrale del Giubileo previsto per il 2025.

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Speranza non è una parola vuota, – ha detto – o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere. Qualcuno, che ha lottato per la liberazione dei poveri, ha scritto queste parole: ‘Lo Spirito Santo è all’origine del grido dei poveri. È la forza data a quelli che non hanno forza. Egli guida la lotta per l’emancipazione e per la piena realizzazione del popolo degli oppressi’”.

Tuttavia, e su questo è fermo il pontefice “Il cristiano non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele”.

Il monito da accogliere è quello dell’apostolo Pietro, che “esortava i primi cristiani”. Ecco le parole che utilizzava: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. E aggiungeva: “Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto” (1 Pt 3,15-16). Cosa possiamo imparare da questa ultima ammonizione? Che “non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!”




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