CORRISPONDENZA FAMILIARE

Come vive Maria il tempo dell’attesa? Da Nazaret a Betlemme

16 Dicembre 2024

Workshop of the Bedford Master, The Visitation, ca. 1440–1450, J. Paul Getty Museum - Los Angeles.

Come vive Maria la sua maternità? Questa domanda può apparire strana, oziosa e perfino assurda da coloro che ritengono che per Maria tutto è stato chiaro, fin dal primo istante. Io penso invece che Maria vive la sua maternità come ogni altra donna, con la stessa umanissima trepidazione. La fede illumina ma non rischiara ogni cosa. Dio accompagna con infinita discrezione e si preoccupa di lasciare lo spazio della libertà.

La maternità di Maria è tutta un crescendo, dal giorno in cui ha ricevuto l’annuncio dell’angelo fino all’ora della croce in cui dal Figlio riceve un nuovo e decisivo invito. Anche per lei la maternità è una sfida, una continua pro-vocazione, un cammino che non sempre si presenta facile. 

L’evento dell’incarnazione non ha nulla di straordinario, almeno apparentemente. Maria concepisce Gesù e lo accoglie come ogni altra donna. Gesù viene nel mondo come ogni altra creatura: zigote, embrione, feto… Maria lo sente crescere in sé, come tutte le mamme assapora la gioia di abbracciare quel bambino e nello stesso tempo porta nel cuore tutte le ansie e l’umana trepidazione. Quel figlio non portava alcun segno straordinario, era come tutti gli altri! La fede sa leggere oltre e riconoscere la presenza di Dio anche nelle cose più umili. I doni che vengono da Dio normalmente vengono seminati nel solco ordinario della nostra giornata: la vita, la famiglia, gli amici, la comunità ecclesiale, gli incontri occasionali … per chi ha fede tutto ha il profumo di Dio. 

Maria sa che quel figlio è un dono di Dio, anzi lei sa, per quanto possa apparire paradossale ai suoi stessi occhi, che quel bambino non solo viene da Dio ma è Dio stesso. Ella contempla questo mistero senza poterlo capire fino in fondo. Chissà quante volte è rimasta in silenzio dinanzi a quel figlio così uguale a tutti gli altri e nello stesso tempo così radicalmente diverso da loro. E forse avrà sorriso pensando a quel Dio che si rivela per vie così lontane da quello che gli uomini attendono. 

L’atteggiamento di Maria traccia una strada per tutte le mamme. In Lei non c’è alcun vanto e neppure la gioia di avere un figlio. Prevale lo stupore di chi contempla il mistero di Dio nel bambino che porta in grembo. In ogni gioia umana vi è sempre l’ambiguità del possesso; lo stupore invece esprime la consapevolezza di essere di fronte a un dono assolutamente gratuito

Ogni mamma custodisce la vita con immenso amore e tanta apprensione. Essa non conosce il volto del suo bambino ma comincia già a pensarlo. Lo vede nei volti negli altri bambini, lo cerca nei lineamenti dei familiari, lo sogna rivestito di mille altri doni. Ma l’attesa è anche piena di paure. Una mamma è portata a chiudersi, a vivere in una sorta di solitudine, a custodire gelosamente quel dono. Maria invece sa che quel bambino appartiene a Dio, lei può accoglierlo nel grembo e portarlo nel cuore ma non può tenerlo legato a sé. Per questo subito dopo l’annunciazione si mette in viaggio (Luca 1,39). L’episodio della Visitazione è una testimonianza eloquente della fede di Maria, manifesta in che modo ha accolto la vocazione alla maternità e vive l’attesa della nascita. Maria non si chiude in se stessa, nell’ingenuo tentativo di custodire gelosamente il suo mistero, ma s’immerge nella storia, si apre alle relazioni, sceglie di condividere con Elisabetta la grazia che ha ricevuto. 

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Nei lunghi mesi dell’attesa ha sentito quel figlio crescere in lei, tante volte avrebbe voluto accarezzarlo e stringerlo a sé. Quel figlio, giunto all’improvviso, occupava tutto il suo cuore, quel bambino che ancora non conosceva era già entrato nella sua vita. Man mano che si avvicinava il tempo del parto, la sua attenzione è rivolta sempre più a quel bambino, tutto il resto rimane sullo sfondo. Negli ultimi tempi, quando lo sente muoversi con fatica dentro quel grembo diventato ormai troppo stretto, passando delicatamente la mano sul ventre lo rassicura e gli dice di non aver paura perché tra poco avrebbe visto la luce. Come ogni donna, Maria attende con timore il parto, con quell’istintiva ansietà per il dolore legato alla nascita.

E giunge finalmente il tempo del parto. La Vergine ritorna tra le montagne della Giudea, questa volta a Betlemme, assieme a Giuseppe. Il viaggio aggiunge al naturale peso della gravidanza una ulteriore fatica, fisica e psicologica. Maria avrebbe certamente preferito vivere gli ultimi giorni in un ambiente a lei familiare, circondata dall’aiuto e dall’affetto di persone amiche. Si trova invece lontana dalla sua casa, in una regione estranea, senza poter contare su alcun appoggio, ancora una volta sperimenta la solitudine. 
Come ha vissuto Maria quell’evento così decisivo per la donna e il suo bambino? Quali sentimenti e quali preoccupazioni porta nel cuore? L’estrema sobrietà con cui Luca descrive la nascita di Gesù (Luca 2, 6-7) non ci permette di rispondere a queste domande, ma possiamo immaginare le ansie, gli affanni e l’istintiva paura, unitamente alla gioia. Una gioia grande e inesprimibile perché l’amore che ogni madre nutre per il suo bambino è strettamente unito alla fede della credente. Maria sa che la nascita di quel Bambino rappresenta un nuovo inizio della storia. E quando lo stringe tra le braccia ripensa alle parole che ha ricevuto dall’angelo: “Rallégrati, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Tutto si è compiuto e tutto sta per iniziare. E con umiltà rinnova il suo eccomi umile e fiducioso.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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