SACRAMENTI

Fatti un regalo, per questo Natale: torna al sacramento della Confessione

Non c’è cosa più urgente, nella vita, che guarire il nostro cuore ferito. Facile a dirsi, meno a farsi. Eppure, non abbiamo altro compito veramente essenziale per compiere l’esistenza se non quello di diventare santi, ovvero di imparare ad amare come Gesù. Quante volte hai fallito in questo intento? Non importa. Importa che ora riprendi in mano la tua vita. Per questo Natale, fatti un regalo: torna a Cristo, con la Confessione.

Un “lusso”: ecco come definisce la Confessione il giovane sacerdote don Alberto Ravagnani. Questo sacramento, infatti, è uno strumento preziosissimo per il nostro cammino verso la santità.

Qualcuno, però, si domanda: “Dio ha forse bisogno che gli chiediamo perdono?”.

La Chiesa ci ricorda che siamo noi ad avere bisogno del perdono di Dio: riconciliarci con Lui, fare iniezione della sua bontà, ricevere misericordia, ci ristora l’anima.

C’è chi dice anche che non ha proprio senso parlare di “offesa a Dio”, in quanto Lui è sempre beato. Non può, allora, essere “offeso” da noi. Dobbiamo considerare che il cristianesimo ci parla di un “Dio amore” e l’amore si può ferite. Lo feriamo. Ogni giorno.  

Dio è come quel padre che vede uno dei due fratelli picchiare l’altro: come può il cuore non soffrirne?

Così, quando facciamo del male a qualcuno (questo è il peccato) facciamo del male anche a Dio, perché lui ama immensamente il fratello o la sorella che abbiamo umiliato, maltrattato, ignorato. 

Anzi, avrebbe voluto amarlo, amarla, attraverso di noi, perché ora siamo noi le sue membra nel mondo. E invece abbiamo “perso quell’occasione”, oppure l’abbiamo sfruttata proprio per il contrario, ovvero fare del male.

Lungi dal doverci abbandonare a sterili sensi di colpa, se “cadiamo” nella trappola del peccato possiamo guardare fiduciosi a Gesù, che può aiutarci a guarire, a ristabilire l’armonia perduta.

Il peccato è come un muro spesso, che ci isola e non ci fa vedere né sentire l’amore del Signore: è molto importante che noi vediamo i nostri peccati, cioè i cattivi pensieri che abbiamo, le brutte azioni che compiamo. È importante che riconosciamo quando sbagliamo, che ci pentiamo, non per flagellarci, ma per tornare sani e liberi di amare.

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La salute dell’anima è ancor più prioritaria di quella del corpo. Lo rivela Gesù stesso, attraverso la storia del paralitico di Cafarnao (Vangelo di Marco 2, 1-12)

Gesù entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.

Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».

Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Viene portato da Gesù un uomo che non può camminare: un paralitico. Quanto deve aver sofferto, quest’uomo, per la sua condizione? Eppure, Gesù, guarendo prima il suo cuore e poi il suo corpo, sembra dirci che tornare in salute spiritualmente è ancora più importante.

E non c’è altra cura al tuo peccato, se non il perdono di Dio.

Non è facile vivere bene il sacramento della Confessione (o Riconciliazione), eppure, più lo viviamo, più lo capiamo. 

E ci aiuta ad essere umili, a riconoscere il bene e il male nella nostra vita, a lavorare sui nostri limiti e a ringraziare Dio per i passi in avanti. 

Perché confessarsi da un prete, che è un peccatore come noi? Perché a Dio piace che nessuno si salvi da solo. Non tutti sanno, forse, che anche i sacerdoti si accostano a un altro sacerdote per chiedere il perdono del Signore.

Nessuno si può autoassolvere, abbiamo sempre bisogno di camminare con qualcun altro verso la Salvezza. 




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