Giubileo
Giubileo 2025: mettiamoci in cammino, a difesa della vita

Siamo ormai nell’imminenza dell’apertura della Porta Santa che segnerà l’inizio del cammino giubilare. Un invito a farsi Pellegrini di Speranza e che la Bolla di indizione Spes non confundit ci aiuta a cogliere nella concretezza dei temi che sono posti quali tracce del cammino.
Come mette in evidenza Papa Francesco «nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé».
Allora proviamo a capire in che modo è possibile farsi Pellegrini di Speranza e come la vita rappresenti, anche in questo cammino giubilare, la vera stella polare – o biblicamente – la stella cometa a cui volgere gli occhi lungo i nostri passi.
Ecco, allora, che il Papa ci invita a riconoscere i (e a farci) “segni di speranza”. Innanzitutto «oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre. […] È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (SNC 7).
Il Papa punta il dito – ancora una volta – contro la cultura dello scarto che contraddice la speranza nel futuro: «guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere. Purtroppo, dobbiamo constatare con tristezza che in tante situazioni tale prospettiva viene a mancare. La prima conseguenza è la perdita del desiderio di trasmettere la vita. A causa dei ritmi di vita frenetici, dei timori riguardo al futuro, della mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, di modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni, si assiste in vari Paesi a un preoccupante calo della natalità. Al contrario, in altri contesti, “incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi”» (SNC 9).
Ribadisce ancora il Papa che «l’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore. È urgente che, oltre all’impegno legislativo degli Stati, non venga a mancare il sostegno convinto delle comunità credenti e dell’intera comunità civile in tutte le sue componenti, perché il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro ad ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza» (SNC 9).
La speranza va coltivata con scelte concrete, impegnandosi a costruire nella nostra società una rinnovata cultura della vita. Ecco che allora «la comunità cristiana non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo».
Ma questa sfida non può essere relegata ai soli credenti «tutti, in realtà, hanno bisogno di recuperare la gioia di vivere, perché l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), non può accontentarsi di sopravvivere o vivacchiare, di adeguarsi al presente lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali» (SNC 9).
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Riscoprirsi Pellegrini di Speranza significa recuperare il senso più profondo della nostra umanità, convertire il cuore alla speranza andando al di là di gesti simbolici e rituali ma indirizzando gli stessi verso un’autentica conversione del cuore. Occorre recuperare il senso di quella metanoia che nasce dall’esperienza di Gesù e che è l’autentico programma giubilare «Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).
In fondo la disperazione che si annida nei cuori di tanti è diretta conseguenza di quell’irrefrenabile individualismo che nella nostra società ha alterato il senso stesso delle vere priorità. È proprio questo individualismo che «corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti» (SNC 9).
Ma coltivare la speranza non si può limitare nemmeno ad un solo ambito del nostro impegno, il Papa ci enumera infatti le diverse sfide a cui siamo chiamati a rispondere: «nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto (SNC 10). […] Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono (SNC 11). […] Di segni di speranza hanno bisogno anche coloro che in sé stessi la rappresentano: i giovani. Essi, purtroppo, vedono spesso crollare i loro sogni. Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire (SNC 12). […] Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie. Le loro attese non siano vanificate da pregiudizi e chiusure; l’accoglienza, che spalanca le braccia ad ognuno secondo la sua dignità, si accompagni con la responsabilità, affinché a nessuno sia negato il diritto di costruire un futuro migliore (SNC 13.) […] Segni di speranza meritano gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono (SNC 14)». Ma la Speranza coinvolge anche i miliardi di poveri «che spesso mancano del necessario per vivere» (SNC 15).
Coltivare la speranza significa coltivare la vita, sempre, in tutte le sue forme e in tutte le circostanze. Farsi pellegrini di speranza significa acquisire una consapevolezza nuova, piena, del nostro essere nel mondo. Allora non resta che aprirsi all’invito con cui lo stesso Papa Francesco ha deciso di concludere la bolla di indizione del Giubileo, aprendoci a vivere un anno santo caratterizzato «dalla speranza che non tramonta, quella in Dio» e che «ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato».
Ecco allora che per farci pellegrini di speranza, e per ciò stesso testimoni di speranza, siamo chiamati a lasciarci «attrarre dalla speranza», permettendo che «attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano».
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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