DISCERNIMENTO SPIRITUALE
Come posso sapere se sto facendo la mia volontà o la volontà di Dio?

di Paola Ciniglio
Hai mai sentito quella vocina dentro che ti chiede: ‘Sto facendo la cosa giusta?’ È un interrogativo che accompagna ognuno di noi, un desiderio profondo di allineare la nostra vita al progetto di Dio. Come discernere tra i nostri desideri e la Sua volontà? Proviamo ad esplorare insieme alcuni strumenti pratici per discernere la voce di Dio nella nostra vita quotidiana.
Ho partecipato ad un momento di ritiro con il movimento di cui faccio parte, la Fraternità di Emmaus. Abbiamo parlato della Santa Famiglia di Nazareth e di quanto, in maniera perfetta, nella vita dei due Santi Sposi si sia realizzato pienamente il progetto di Dio.
Inevitabile, quindi, che una domanda si imponesse su tutte le altre: “Ma come posso essere sicuro che sto facendo la volontà di Dio e non semplicemente la mia?”.
Credo che questa domanda, pressante quando si è più giovani, in realtà resti annidata dietro ogni piccolo gesto dell’uomo. Sto facendo la cosa giusta? Il mio modo di vivere è veramente cristiano? Che cosa ne sto facendo di questa vita che mi è stata donata? Fin da piccoli cerchiamo qualcuno che ci confermi, che ci dica “va bene così”. Nella fede, restare bambini – come Gesù chiede – penso equivalga a non far spegnere mai questa domanda, questa forma di curiosità e di messa in discussione, e chiedere conferma al nostro Padre di quanto stiamo vivendo.
La domanda in questi giorni di ritiro ha suscitato confronti, risposte, idee che provo ad elencare, senza la pretesa di essere esaustiva, per cercare di avere un canovaccio su come distinguere i nostri desideri dagli appelli che Dio fa alla nostra vita.
Il primo passo sicuramente è radicarsi nella Parola di Dio. La Bibbia è la nostra bussola, il faro che illumina il nostro cammino. Prima di prendere qualsiasi decisione, è essenziale confrontarla con gli insegnamenti biblici. Non possiamo allontanarci dalla sua Parola e pretendere di seguire la sua volontà. Tuttavia, per le scelte più specifiche, dobbiamo addentrarci nell’ambito più intimo della nostra coscienza. Qui si intrecciano una miriade di fattori diversi: le esperienze vissute, le relazioni personali, le ispirazioni ricevute. È in questo terreno fertile che la voce di Dio può germogliare e crescere.
Spesso, è proprio attraverso l’incontro con altre persone che riceviamo una provocazione a sperimentarci in qualcosa di diverso, di inedito, che ci affascina. Una testimonianza, una parola, un evento a cui quasi non abbiamo dato rilievo accendono una luce nel nostro cuore e fanno emergere una chiamata che prima era nascosta. A tal proposito, Santa Teresa di Gesù Bambino, nella sua biografia “Storia di un’anima”, racconta rispetto alla sua scelta di entrare al Carmelo: “Il mio ideale di bambina era Paolina […] Spesso sentivo dire che sicuramente Paolina si sarebbe fatta religiosa; allora senza sapere troppo cosa voleva dire, pensavo: Anch’io sarò religiosa. Questo è uno dei primi ricordi e da allora mai ho cambiato decisione! […] Lei era il mio ideale, volevo assomigliarle ed è il suo esempio che dall’età di due anni mi trascinò verso lo Sposo delle vergini.”. Questo non significa certo dover scegliere per emulazione, ma che c’è un significato nascosto negli eventi che ci precedono, nella storia in cui siamo inseriti, che stimolano e provocano la nostra libertà e consegnano parole che altrimenti resterebbero nascoste e sopite in fondo al cuore.
Una volta percepita una possibile chiamata, o comunque aver dato un nome a un desiderio che avvertiamo nascere dentro di noi, sono utili due fattori: il tempo e il confronto. Un elemento caratteristico di Dio è la sua persistenza nel tempo. I suoi desideri sono profondi, resistono alle prove e alle tentazioni. Non si tratta di un sentimento passeggero, ma di una chiamata che si rinnova continuamente nel nostro cuore attraverso eventi, incontri che toccano continuamente quello stesso tasto dolente.
Il confronto invece attiene alla sfera della direzione spirituale, un cammino che richiede onestà, umiltà e pazienza. Dobbiamo confrontarci con Dio in preghiera, chiedendo la sua illuminazione, ma dobbiamo anche confrontarci con persone sagge e mature nella fede, che possano aiutarci a separare l’emotività da ciò che invece è nascosto più in fondo, che aiutino a compiere scelte libere e non basate esclusivamente su ciò che piace.
Ecco, qui si determina un altro aspetto importante: il progetto di Dio non è semplicemente fare qualcosa che mi piace, o quantomeno non fare di questo il motivo discriminante per cui scelgo di impegnarmi in qualcosa o meno. Il progetto di Dio è sempre più grande di noi. Non si limita alle nostre competenze o alle nostre capacità. È una chiamata ad uscire da noi stessi, a metterci al servizio degli altri, a donare la nostra vita. Il progetto di Dio è sempre qualcosa che va oltre, che nemmeno riesci ad immaginare tu da solo per quanto è grande e importante, ma che ti si annida nel cuore e nonostante tu lo guardi e ti dici: “non ce la posso fare”, quello continua a restare lì, a crescere, tu continui a volerlo sempre di più.Ma soprattutto, e questo è l’elemento che forse preferisco, Gesù dice che un albero si giudica dai suoi frutti, e i frutti dello Spirito, come ricorda San Paolo nella Lettera ai Galati, sono amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Che in sintesi significa che ti accorgi di star vivendo nei progetti di Dio quando riesci a gustare la gioia, quando non c’è più spazio per le lamentele, o per le polemiche. Quando la tua vita splende di una felicità per molti immotivata, ma che per te è il frutto di una vita da risorti!
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