Sulla vicenda drammatica che si è consumata a Traversetolo nel Parmense, dove nel giardino di casa, Chiara una ragazza di 22 anni, ha sepolto due neonati dopo averli partoriti, arriva un barlume di luce, sperando dal profondo del cuore che sia reale e non insegui solo la fama mediatica. Samuel, il fidanzatino di 21 anni di Chiara, che era all’oscuro delle due gravidanze, ha voluto dare un nome ai neonati registrandoli all’anagrafe. Angelo Federico e Domenico Matteo. Un gesto di tenerezza infinita. Un modo per ricordare al mondo intero che quei due bambini sepolti – del primo certamente sappiamo che è nato vivo e poi morto dissanguato – hanno una dignità, sono figli appunto.
Un genitore come primo gesto di riconoscimento della identità di un figlio gli consegna un nome, gli consegna, cioè, un posto nel mondo, una storia da costruire, da vivere. Purtroppo per i due neonati il giorno della nascita è stato anche quello della loro morte. Una paura ingiustificata e profonda che ha impedito loro di essere riconosciuti appunto nella loro unicità. Una conseguenza, e questo lo dobbiamo dire senza fraintendimenti, di quella cultura abortista che considera il figlio nel grembo materno una proprietà privata, un oggetto di cui si può disporre a proprio piacimento con la complicità della legge e del sistema sanitario nazionale.
Le lacrime di coccodrillo per chi si scandalizza della vicenda, ho già detto altre volte, mi lasciano una profonda amarezza ma oggi vorrei scrivere del gesto di questo giovane e acerbo padre. Dire che l’uomo ha un posto importante, fondamentale, essenziale quando una nuova vita si forma nel grembo della donna. E questa figura va riscoperta soprattutto quando la vita del figlio è in pericolo. È vero tanti uomini fuggono, si lavano le mani, spesso costringono le proprie donne ad abortire ma tanti altri vengono allontanati, esclusi o, peggio, non informati. Samuel invece ha cercato di fare qualcosa, il suo gesto spezza il male della vicenda. In qualche modo non cambia nulla del passato ma muta la destinazione di questa storia, da un volto a questi bambini che diventano agli occhi del mondo figli. Figli non più disprezzati, abbandonati, gettati via ma amati.
Per Chiara prego ogni giorno. Come ho già scritto non dobbiamo dimenticare che questa ragazza è figlia della nostra cultura abortista che sulla vita nascente sa solo gridare libertà e autodeterminazione. Prego perché un giorno incontri la misericordia di Dio, la sola che può cambiare il suo futuro. Non ci abituiamo mai come cristiani a queste vicende, dobbiamo allenarci a guardarle con cuore di madre. E una madre non si stanca mai di cercare anche nella notte più oscura il figlio perché ritorni a casa.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento