GIUBILEO

Pellegrini sin dal grembo materno. Il Giubileo come tempo per favorire la vita

In un precedente articolo abbiamo parlato dell’itinerario con i santi per la vita per vivere intensamente l’anno giubilare. Oggi definiremo meglio le coordinate di questo viaggio, ovvero il modo in cui percorrerlo – da pellegrini-, lo spazio, il tempo, considerando sia i momenti di luce che quelli di buio… Ricordiamo che “siamo pellegrini” dal concepimento, fino all’ultimo dei nostri giorni.

Pellegrini 

Pellegrino dal latino peregrinus indica colui che cammina fuori dalla città, lo straniero. Ire per agros, cioè, andare attraverso i campi, oppure per eger, che significa passaggio di frontiera.

Spazio

«Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità» (Bolla di Indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025, Spes non confundit, par. 5).

Pellegrino è colui che intraprende un viaggio, facendo esperienza di essere ‘straniero’, per trovare Cristo e non essere più straniero, ma figlio. Per questo, il cammino ai luoghi sacri: Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela. I tre grandi pellegrinaggi. 

Andare in pellegrinaggio significa uscire da sé stessi, dalle proprie abitudini, dalle proprie comodità per mettersi alla ricerca di Dio, che è l’esistente e colui che dona l’esistenza.

Il pellegrino rischia, osa andare oltre i limiti che si è imposto o che la società gli ha imposto e si mette fisicamente in cammino. Un cammino dove tutto è nuovo, imprevedibile. Gli incontri, le persone, la bellezza, la strada, la gioia, la libertà. Esposto alla stanchezza, alla fatica, ai pericoli (nel passato anche di ladri e briganti, di bestie selvatiche…), alle intemperie, alla possibilità di non trovare dove dormire, di non trovare da mangiare, di doversi fermare per una banale tendinite, per qualche vescica, per un ginocchio, di non arrivare alla meta… Il pellegrino fa esperienza della sua fragilità e della provvidenza, perché ha sempre bisogno di aiuto e di chi lo aiuti. Il Pellegrino gioisce di fronte alla meraviglia del creato che è, per lui, così piccolo. Fa esperienza della gratitudine per come viene condotto il suo cammino, perché non è solo. Il pellegrino si apre all’altro, ogni altro, perché lui stesso è straniero, e incontrerà tanti altri stranieri, che stranieri non sono più.

Il cammino è la vita.

Tempo

Il pellegrino conosce il tempo, quello a dimensione umana, quello dei suoi piedi. Che scorre lento, attraverso il passo dei suoi piedi, durante le lunghe le distanze. Ritrova il ritmo del battito cardiaco che ha imparato nel grembo materno e che ha dimenticato in questa vita frenetica. Il pellegrino gode il tempo, il kronos, e sa riconoscere il kairos, il tempo opportuno.

Il pellegrino impara il silenzio e impara ad ascoltare sé stesso, il creato, Dio…quindi l’altro.

Noi siamo pellegrini e continueremo ad esserlo, sempre, dalla la nascita fino alla morte. Ce lo dimentichiamo spesso. Per questo, il giubileo – che richiede un pellegrinaggio fisico verso una meta – è un’occasione per re-imparare chi siamo.

Leggi anche: Il Giubileo con “i santi per la vita”. Proposta di un itinerario concreto

Buio e luce 

Buio, cioè sofferenza, morte. Luce, speranza, risurrezione. È impressionante la corrispondenza che si trova nel buio delle viscere materne, che vengono acceso di luce (i “fuochi di artificio” di zinco) con il concepimento (fecondazione) di una nuova persona umana, e poi dal buio del grembo alla luce della nascita.

In cammino

Nasciamo pellegrini. La nostra vita fin dal nostro anno zero (la fecondazione) è un continuo movimento. Non appena siamo concepiti cominciamo il nostro viaggio verso l’utero materno. Dal concepimento alla nascita è un cammino, è un pellegrinaggio, un continuo cambiamento, un continuo divenire. Divenire insieme, con la mamma che accogliendo lo straniero per eccellenza, suo figlio, gli apre il cammino della vita, quella terrena. Quindi, il concepimento di un bambino/a è una chiamata per mamma e figlio e per il padre a uscire da se stessi, ad andare oltre il limite dell’egoismo, ad accettare lo straniero per poter scoprire di non esserlo. 

Camminare è una necessità per l’uomo e la donna. La Serva di Dio Carmen Hernandez spiegava: «Abbiamo 600 muscoli diversi nel corpo, ognuno con la sua funzione, e li muoviamo tutti per camminare. (…) È essenziale per l’uomo camminare, mettersi in cammino, muoversi, non rimanere statico. (…) Niente nell’universo è statico, niente si siede». Carmen Hernandez affermava anche che oggi viviamo «in una società statica dove non si cammina più». Una delle conseguenze di questa “generazione paralizzata” è la volontà di “uccidere la vita”. Allora l’aborto e l’eutanasia, …

Il Giubileo è un tempo opportuno, dunque, per rimetterci in cammino, per far ripartire la vita, per non interromperla, per non impedirla.

Quando Maria che, da poco ha avuto l’annuncio di aspettare un figlio, si alza e va dalla cugina Elisabetta, sterile ma che aspetta un figlio, il verbo greco utilizzato nel passo evangelico per indicare l’azione di alzarsi è quello della risurrezione (anistamai). Come se per vivere e dare la vita fosse necessario entrare in questa dinamica del continuo movimento. 

Perciò, noi proponiamo di ripartire dal nostro primo cammino, quello iniziato con la fecondazione, dentro all’utero materno, insieme a nostra madre e a nostro padre.

E questo cammino ‘originario’ lo facciamo attraverso ‘i santi’ per la vita, che hanno riscoperto la dignità umana dal concepimento alla morte naturale.




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