“Vuoi educare alla fede i tuoi figli? Comincia dal tuo rapporto con Dio”

Abbiamo riportato, recentemente, la prima parte dell’intervista a Lucrezia Scotellaro, counselor famigliare. Di seguito, la seconda parte della chiacchierata avuta con lei. Moglie, madre e nonna, Lucrezia è filosofa di formazione e appassionata di comunicazione; giornalista free lance, educatrice, al fianco di giovani e famiglie. Oggi ci spiega che per educare alle fede serve anzitutto un esempio credibile.
Educare alla fede: cosa significa concretamente?
Secondo me significa innanzitutto vivere con spontaneità e con gioia la propria fede. I nostri figli devono poter vedere come viviamo il nostro rapporto con Dio nella quotidianità. Quindi viverlo senza imbarazzo, anzi, coinvolgendoli, per quanto è possibile, magari con gesti semplici, piccoli: andare a salutare Gesù quando passiamo davanti alla Chiesa, pregare per ringraziare di un bel momento di festa che abbiamo vissuto, oppure per un parente o un amico che non sta tanto bene. Portare i bambini a messa e non temere che possano disturbare in Chiesa. Io, per esempio, ho notato che i miei figli da piccoli erano più tranquilli durante la messa quando riuscivamo a spiegare, a bassa voce, sussurrandolo nell’orecchio, le varie fasi della liturgia. Non dimenticherò mai lo sguardo di Michele – che è sempre stato molto vivace – quando gli dicevo, mettendogli la mano sulla spalla, abbracciandolo, al momento della consacrazione, Michy, adesso sta venendo Gesù, fai il bravo, digli una cosa bella. Lui mi guardava un po’ sconcertato all’inizio, ma poi si inginocchiava accanto a me, mi emoziona ancora tanto ripensarci. Certo, quando sono piccoli è più facile, perché si tratta ‘solo’ di gestire l’eventuale vivacità durante la messa, poi da grandi, le cose cambiano, qualche volta. Ed è allora che vale forse ancora di più quello che dicevo prima: vivere con spontaneità e senza imbarazzo e soprattutto con gioia il proprio rapporto con Dio. “Io vado a messa perché ne ho bisogno, ho bisogno di stare con Lui, per stare meglio con tutti voi”, questo dicevo ai miei figli adolescenti quando mi chiedevano perché andassi a messa ogni giorno, che bisogno ci fosse di trovare, spesso a fatica, ogni giorno il tempo per andare a messa. Abbiamo sempre cercato, sia io, sia mio marito di parlare di Dio con loro, anche quando le loro domande si facevano provocatorie. E abbiamo sempre cercato anche noi di ‘provocare’ in loro delle domande sulla fede, perché potessero poi trovare da loro stessi le risposte. Non è stato sempre facile. Sono stati molto importanti per loro anche i percorsi fatti con i club, che li hanno aiutati a crescere nelle virtù umane. E devo dire che ci ha molto aiutato anche vivere una buona relazione di condivisione di esperienze con la comunità parrocchiale: i viaggi insieme, i pellegrinaggi, il volontariato.
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Chi sono i tuoi maestri nel campo dell’educazione?
Tutti gli adulti che sono stati un riferimento per me, dall’infanzia all’adolescenza, e anche oltre. Se ne posso citare alcuni, anche a mo’ di ringraziamento, direi i miei genitori: mia mamma che mi ha insegnato innanzitutto a essere una brava moglie; mio padre che mi ha insegnato il rispetto e il valore del lavoro, a prescindere dal lavoro svolto; i miei nonni materni che mi hanno insegnato l’umiltà; mia nonna paterna, Lucrezia, che mi ha insegnato a trasmettere affetto attraverso la buona cucina; le mie zie, che mi hanno insegnato quanto sia importante il valore della femminilità e prendersene cura; mia suocera, Cristina, per avermi insegnato che essere madre significa stare un passo indietro ma sempre accanto con discrezione e rispetto; la mia maestra delle scuole elementari, Liliana, che mi ha fatto scoprire alcuni talenti, che mi ha insegnato ad avere fiducia in me stessa, ad apprezzare tutti i lati del mio carattere e a puntare specialmente su quelle che a me sembravano delle fragilità, delle difficoltà, come l’insicurezza e la timidezza.
Poi, ovviamente, ci sono tutti i maestri di studio, per dire così, autori che hanno caratterizzato il mio percorso di formazione, sono tanti, e spero di incontrarne ancora altri. Vengo da studi di filosofia svolti in una Università laica dove ho approfondito specialmente l’esistenzialismo e fenomenologia e credo che abbiamo impresso nel mio modo di ragionare una impronta indelebile. Tuttavia, sono stati molto utili anche tutti gli studi successivi sul personalismo cristiano, gli studi sulla comunicazione per comprendere a fondo principi e valori sui quali basare il discorso educativo perché porti a far emergere sempre l’umano dell’uomo, che tante volte sembra, invece, smarrito.
Un messaggio per i nostri lettori…
Il fine dell’educazione è scoprire la gioia di vivere e questo vale tanto per gli educandi, quanto per gli educatori. Anche quando sarà più faticoso dobbiamo sempre sapere e sentire, come diceva san Josemaría Escrivà che ne ‘vale la pena’ perché ci è stato affidato un compito meraviglioso. Abbiamo un Maestro cui volgere lo sguardo per lasciarci condurre, Cristo è metodo e percorso, conformati a Lui riusciremo a dare ragione e trasmettere la nostra Speranza.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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