CORRISPONDENZA FAMILIARE

Fin dal grembo materno

27 Gennaio 2025

La vita di ogni uomo inizia dal concepimento. Una verità lapalissiana e tuttavia platealmente rinnegata da una cultura che ha fatto dell’aborto un diritto assoluto e nasconde accuratamente tutto ciò che contrasta con questo dogma. La Bibbia invece, malgrado le scarse conoscenze scientifiche dell’epoca, contiene pagine di straordinaria bellezza letteraria che parlano della vita quando è ancora nascosta nel grembo materno e annunciano che, fin dai primi istanti, il buon Dio segue con amore il cammino di ciascuno. Tra le pagine della Scrittura don Silvio offre una meditazione interessante sull’impegno per la vita nascente che per ogni cristiano nasce dalla certezza che prima di tutti è Dio che ci ha scelti e amati. 

Signore, tu mi scruti e mi conosci” (Sal 138,1): comincia così uno dei salmi più belli dell’intero salterio in cui l’orante vede la sua intera esistenza avvolta dall’amore di Dio. Fin da quando era nel grembo materno. Fin dall’inizio il Signore veglia su di noi, come un padre amorevole, fin da quei primi istanti che sono sottratti alla curiosità degli sguardi umani. Tutto questo è per noi fonte di consolazione e di speranza perché sappiamo di poter sempre contare su di Lui. 

L’orante biblico contempla stupito quel Dio che abbraccia l’universo, non c’è luogo in cui non sia presente: “Se salgo in cielo, là tu sei; / se scendo negli inferi, eccoti” (139,8). Dio abita la luce e le tenebre: “Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano / e la luce intorno a me sia notte», / nemmeno le tenebre per te sono tenebre” (139,11-12). Dinanzi a questo Dio onnipotente che domina lo spazio e il tempo, è ancora più sorprendente pensare che si china sull’uomo, su ogni uomo. Il salmista usa un’immagine semplice e straordinaria: “Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi” (v.16).

Ogni uomo è piccola cosa dinanzi alla grandezza e alla bellezza della creazione. Eppure Dio si ferma stupito a contemplare la sua creatura quando è ancora “informe” nel grembo materno. Senza tradire la sostanza del testo, potremmo tradurre: “quando ero ancora un embrione”. Quand’eravamo ancora una piccolissima cosa, Dio ci guarda con amore, ci avvolge nel suo amore. Penso che non ci sia parola più bella di questa per annunciare l’infinita grandezza di ogni essere umano. 

Lo sguardo amorevole di Dio è una salutare provocazione per l’umanità di oggi che non sa vedere in quel bambino una persona degna di ricevere accoglienza incondizionata. Dio spalanca gli occhi per ammirare la creatura, l’umanità chiude gli occhi per non vedere. Dio accoglie e s’impegna ad accompagnare i passi dell’uomo, l’umanità rifiuta e abbandona l’uomo al suo destino. 

La totale mancanza di conoscenze scientifiche non impedisce alla fede di scrutare il mistero che avvolge la vita di ogni uomo e di intuire che il tempo dell’attesa è quello in cui avviene il primo incontro tra il Creatore e la creatura. E non potrebbe essere diversamente perché Dio è pienamente implicato nella vicenda in quanto è Lui che ogni volta ripete le parole che leggiamo nel testo della Genesi: “Facciamo l’uomo a nostra immagine” (1,26). Parole sacre che Michelangelo ha magnificamente illustrato nella Cappella Sistina. 

Mi hai plasmato

Siamo abituati a segnare l’orologio della vita a partire dal giorno della nascita, il periodo precedente appare solo come un tempo di attesa. Oggi sappiamo tante cose sul tempo della gestazione, possiamo conoscere l’identità sessuale del bambino e tutti i dati relativi al suo sviluppo. Possiamo anche prevenire patologie con terapie adeguate. La scienza biologica rischia di essere l’unica cattedra. Abbiamo bisogno di ridare alla fede il suo spazio e imparare a guardare il figlio con gli occhi di Dio. 

Il buon Dio non si limita a guardare ma s’impegna a formare. Il salmista usa l’immagine del vasaio che plasma la sua opera: “Sei tu che hai formato i miei reni / e mi hai tessuto nel grembo di mia madre […] Non ti erano nascoste le mie ossa / quando venivo formato nel segreto, / ricamato nelle profondità della terra”. Quest’immagine riprende quella della Genesi: “Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo” (Gen 2,7). Non si tratta di una qualsiasi opera ma di una vera e propria opera d’arte: “Io ti rendo grazie: / hai fatto di me una meraviglia stupenda” (v. 14). “Mi hai fatto come un prodigio”, era scritto nella traduzione precedente. 

Dio vede e gioisce

Il salmista osserva con stupore che mentre plasma l’essere umano il buon Dio già vede tutto il suo futuro: “erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati / quando ancora non ne esisteva uno” (v. 16). Dio vede e gioisce. Il racconto della creazione termina con questa annotazione: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). Possiamo applicare queste parole anche alla creazione di una nuova vita. Dio guarda con amore, in quel piccolo essere umano ancora informe egli già vede il bambino che verrà alla luce e la missione che potrà esercitare nella storia se saprà riconoscere e accoglierà la vocazione che, fin da quei giorni ancora oscuri, il buon Dio ha scritto nelle pieghe del suo cuore. 

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Quando un papà e una mamma stringono tra le braccia il loro bambino si chiedono cosa sarà di lui. Una domanda che implica gioia e trepidazione, speranze e timori. Dio conosce il futuro e Lui solo può rispondere a questa domanda. La saggezza dei genitori non è quella di determinare una strada e neppure quella di lasciare al figlio una libertà che sfocia nell’arbitrio. Saggi quei genitori che sanno testimoniare che Dio è l’autore della vita e Lui solo può condurre alla felicità piena. 

In un altro salmo, troviamo la confessione di fede di un credente che, nel momento della prova, invoca aiuto di Dio e può farlo con fiducia perché ha sempre sperimentato la forza che viene da Lui:

Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, 
dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno; a te la mia lode senza fine. 
Sono parso a molti quasi un prodigio: eri tu il mio rifugio sicuro” (Sal 70,6-7).

La Scrittura annuncia che Dio non solo veglia ma agisce e semina parole che danno una precisa identità alla persona. È questa l’esperienza del profeta Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, / prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; / ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger 1,5). 

È bello pensare che questa scelta, che a noi viene svelata in un tempo preciso della nostra esistenza, è scritta nel cuore di ciascuno di noi fin dai primi giorni di vita, quando ancora siamo un batuffolo di carne nascosto nel grembo della madre. È la stessa fede dell’apostolo Paolo: “Quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo…” (Gal 1,15-16). La vocazione avviene in due tempi: 

  • il primo dipende solo da Dio e appartiene al tempo misterioso in cui l’essere umano prende forma; 
  • il secondo coinvolge anche noi ed avviene durante il cammino della vita, anche se purtroppo non tutti prendono coscienza della vocazione ricevuta. 

L’apostolo Paolo allarga ulteriormente l’orizzonte quando dice che siamo stati “scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,4). Le parole dell’apostolo sono un raggio di luce che illumina il mistero del nostro vivere. La nostra esistenza non è frutto del caso, di un incontro occasionale e fortuito tra due gameti ma appartiene al mistero di Dio. Siamo nati nel tempo e siamo fatti di tempo, la nostra esistenza terrena ha un inizio e una conclusione; ma nello stesso tempo affonda le sue radici nell’eternità. Ante omnia, Dio pensava a me, proprio a me, ha scelto me! 

Il nostro impegno per la vita nasce dalla certezza che la vita umana inizia dal concepimento e, come tale, deve essere sempre custodita; ma trova nella fede una luce che conferma ogni ragione certezza e impegna a investire ogni energia perché la parola che Dio ha seminato nel cuore di ogni uomo possa venire alla luce e portare frutti per il bene di tutta l’umanità. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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