Si fa presto a dire che l’Italia è un Paese per famiglie. Poi però ti accorgi che spende per la famiglia solo l’1,55% del Pil. Quanto la Spagna, per carità, ma ben 0,7 punti in meno della Francia, 0,8 sotto la media europea, 1,1 meno della Svezia e quasi due punti rispetto alla Germania. Insomma, siamo nella parte bassa della classifica, quella dove si annidano le contraddizioni.
Ma il problema non è solo quanto si spende, è come. Perché – diciamolo chiaramente – spendiamo male. In questo scenario l’assegno unico rappresenta una buona pratica da salvaguardare. Ha il merito di essere universale e semplice, un raro esempio di razionalità in un sistema spesso frammentato e incoerente. Per molte famiglie è una boccata d’ossigeno che consente di affrontare con più serenità le spese legate ai figli. Tuttavia, non può rimanere un’isola felice isolata dal resto delle politiche familiari.
Esempi virtuosi vengono spesso dal lavoro delle Associazioni Familiari: gruppi di sostegno per genitori in difficoltà, che offrono non solo consulenza pratica su questioni burocratiche e finanziarie, ma anche un ascolto prezioso per chi si sente spesso lasciato solo. Ci sono poi realtà che organizzano centri estivi accessibili, servizi di doposcuola e iniziative di supporto psicologico per bambini e ragazzi. Oppure iniziative dove le famiglie si organizzano per condividere mezzi di trasporto e ridurre i costi logistici legati alla scuola.
Queste attività concrete cosa ci dicono? Innanzitutto, che le politiche familiari non sono solo una questione economica. Bisogna tornare a intessere la rete delle relazioni familiari, restituendo valore alla comunità e al senso di appartenenza che si sta perdendo. Serve un tessuto sociale in cui le famiglie possano sentirsi accolte, sostenute e connesse tra loro.
Marco e Lucia (nomi di fantasia) portano i loro bambini di 5 e 7 anni al “Centro diurno don Enrico Smaldone” ad Angri (SA) dall’estate scorsa. Il Centro è un’iniziativa di Progetto Famiglia, una rete di associazioni che si impegna per la famiglia sul territorio e anche in altre regioni. Li ho incontrati in questi giorni e ho chiesto loro il secondo figlio come stava perché purtroppo combatte da mesi con un brutto male. Sono una famiglia sostenuta da anni attraverso l’Emporio della solidarietà, pacchi alimentari e abbigliamento per i figli, ma il Centro con la possibilità di portare i bambini tutti i pomeriggi, dove giocano, fanno i compiti e fanno merenda costituisce per loro il segno di un’alleanza. “Non ci sentiamo soli, sappiamo di poter contare su di voi”.
Se l’Italia vuole tornare a essere un Paese dove vale la pena mettere radici, deve rimettere al centro le famiglie. Non solo con belle parole, ma con investimenti veri, continui e ben spesi e con una vicinanza quotidiana e concreta che ha il sapore dell’amicizia. Una famiglia povera non necessita solo di soldi per sopravvivere ma soprattutto di poter contare su qualcuno. È la solidarietà che diventa cura, il farmaco per combattere sia l’isolamento che la solitudine.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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