VITA DI COPPIA E INFERTILITÀ
Naprotecnologia: alternativa etica alla PMA. Il 30% delle coppie risolve l’infertilità

di Giada Moneti
Naprotecnologia. Una parola, ad oggi, poco conosciuta. Eppure, in grado, per tante patologie femminili e per l’infertilità, di poter fare la differenza. Ne parliamo meglio dialogando con la dottoressa e naprotecnologa Serena Del Zoppo. Ringraziando la dottoressa, speriamo che questa conoscenza possa essere utile ai tanti che sentono la necessità di un supporto eticamente accettabile a fronte di eventuali difficoltà personali o di coppia.
Iniziamo con una sua breve presentazione…
Sono Serena Del Zoppo, specialista in ostetricia e ginecologia. Mi occupo di regolazione naturale della fertilità da prima di aver concluso la laurea in Medicina. Successivamente, ho approfondito l’aspetto dell’applicazione della regolazione naturale della fertilità alla gestione medica delle anomalie del ciclo e ai problemi di fertilità, frequentando diversi corsi sulla medicina riparativa. Sono medical consultant per la Naprotecnologia e consulente medico di Restorative Reproductive Medicine.
Che cos’è, in parole semplici, la naprotecnologia? Quali costi ha? Perché risulta ancora poco usata o non viene suggerita?
La Naprotecnologia (Natural Procreative Technology) consente di trattare i problemi di fertilità e, più in generale, del ciclo femminile. Lo scopo è quello di identificare tutte le cause di infertilità e trattarle, allo scopo di favorire il concepimento spontaneo. L’iter diagnostico prevede, quindi, esami ormonali e di laboratorio. Può rendersi necessario un approccio chirurgico per meglio comprendere (e correggere) le cause anatomiche di infertilità. Strumento indispensabile di diagnosi e monitoraggio per l’efficacia della terapia è la scheda di registrazione dei biomarcatori del ciclo mestruale (muco e temperatura basale). Tali indicatori biologici aiutano a identificare eventuali squilibri ormonali o problemi di salute riproduttiva. A differenza delle tecniche di procreazione assistita (come la fecondazione in vitro), la Naprotecnologia cerca di individuare e correggere le cause sottostanti dell’infertilità, piuttosto che bypassarle.
I costi sono quelli di una presa in carico ginecologica, a cui si aggiungono quelli degli esami di laboratorio e delle indagini diagnostiche prescritte, oltre a eventuali farmaci e integratori. Poi ci sono le consulenze dell’insegnante Creighton o dell’operatore di biofertilità, che insegna alla coppia a registrare ed interpretare i segni di fertilità.
Credo che il motivo della scarsa diffusione della Naprotecnologia in Italia (e della medicina riparativa in generale) sia che gli operatori formati in Italia sono pochi. I medici, spesso, non conoscono né propongono questo approccio come un’alternativa alla procreazione medicalmente assistita nel counselling con i pazienti.
Si tratta, inoltre, di un percorso strutturato che richiede un tempo diagnostico e la terapia può protrarsi per diversi mesi: il fattore ‘tempo’ può far desistere le coppie che vedono nella procreazione assistita una via più veloce.
Perché ha deciso di diventare una naprotecnologa?
Mi occupo di regolazione naturale della fertilità dai tempi dell’università; quindi, questo approccio al ciclo femminile è costitutivo del mio approccio alle pazienti e ha plasmato la mia professionalità.
La condivisione del percorso di formazione con amici e colleghi come il dottor Michele Barbato e la dottoressa Fornaro (con i quali mi sono formata presso la Creighton University in Omaha, Nebraska), è stato un ulteriore sprone ad approfondire l’aspetto clinico, per rispondere a tutte le coppie che desiderano realizzare il loro desiderio di maternità e paternità.
La cooperazione più recente con l’International Institute for Reproductive Restorative Medicine mi mostra che la ricerca in questo ambito non si ferma e necessita di collaborazione.
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Nei casi di infertilità di coppia, in che modo opera un naprotecnologo? Una coppia bussa alla sua porta e lei…
Il percorso prevede una prima visita approfondita durante la quale si prende in carico la coppia: viene illustrato il percorso previsto e, sulla base della storia clinica, prescritti approfondimenti che verranno discussi alla visita di controllo successiva, alcune di impostare una terapia appropriata. Durante questo tempo verranno eseguiti monitoraggi ecografici dell’ovulazione a supporto della scheda di registrazione dei segni di fertilità. Come detto, si possono anche rendere necessari interventi chirurgici in caso di endometriosi, aderenze pelviche, endometrite o alterazioni tubariche. I controlli vengono programmati a intervalli di circa tre mesi per valutare l’andamento del percorso. La coppia verrà presa in carico anche da altre figure professionali, come il consulente di regolazione naturale della fertilità, l’andrologo, se necessario l’endocrinologo, il reumatologo, ecc. Si tratta, infatti, di una presa in carico a tutto tondo: il solo ginecologo non è spesso sufficiente per risolvere le problematiche che sottendono l’infertilità.
Secondo la sua esperienza, in quanti trovano beneficio o raggiungono i risultati sperati grazie alla naprotecnologia?
Direi circa il 30% delle coppie. Ovviamente, la probabilità di successo dipende da molti fattori come
il tempo di ricerca, l’età, le cause (alcune sono più facilmente trattabili di altre). Questi risultati sono anche riportati in studi scientifici pubblicati.
Rispetto alla PMA, quali sono i benefici del rivolgersi alla naprotecnologia?
La PMA non ricerca le cause di infertilità. Di conseguenza, anche se avesse successo, spesso nella
coppia si mantengono le stesse condizioni che ne riducono la fertilità. La Naprotecnologia e, più in generale, la medicina riparativa cercano di individuare e trattare le cause sottostanti dell’infertilità (squilibri ormonali, endometriosi, ovaio policistico, problemi tiroidei…) invece di bypassarle con procedure artificiali. La donna impara a conoscere il suo corpo e il suo ciclo. Anche se spesso si utilizza l’induzione dell’ovulazione, lo scopo è quello di sostenere una migliore ovulazione fisiologica, non iper stimolare l’ovaio (come si fa nelle tecniche di PMA): non c’è quindi rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica.
Si tratta anche una procedura meno costosa e rappresenta un’alternativa eticamente accettabile alla
manipolazione embrionale tipica della PMA.
Se necessito di parlare con un naprotecnologo in Italia, come trovarlo?
Purtroppo, in Italia non esiste una struttura che si occupa di Naprotecnologia al momento, ma singoli professionisti in Lombardia, Veneto, Lazio e in Svizzera italiana. Sono possibili anche consulenze in telemedicina presso alcuni specialisti: ad esempio, io, spesso, seguo coppie lontane con questo metodo e, con l’ausilio di un ginecologo sul posto disponibile per ecografie e monitoraggi, è un percorso fattibile anche a distanza.
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