VITA IN FAMIGLIA

E io, quando sbaglio, so chiedere scusa ai miei figli?

padre e figlio

Se sbaglio, chiedo scusa. Vale nel matrimonio, vale al lavoro, vale con una persona a cui ho tagliato la strada, vale con un’amica… Perché non dovrebbe valere con un figlio? Pretendiamo che i ragazzi chiedano scusa se disobbediscono. Ed è giusto insegnare loro che essere maturi significa ammettere anche i propri errori. Eppure, non esiste metodo educativo migliore del buon esempio… 

Qualche tempo fa, una mamma raccontava il suo dolore: non riusciva a trattare con rispetto e pazienza uno dei suoi figli. Si rendeva conto di sbagliare, ma era più forte di lei: lo aggrediva, anziché ascoltarlo e supportarlo.

Il motivo è che riponeva in lui tante aspettative e, ogni volta che la deludeva, sembrava caderle il mondo addosso. Al centro c’era lei, e non lui, con le sue fatiche nella crescita, in una delicata fase della vita qual è l’adolescenza. 

Poi, a mente fredda, si pentiva, si sarebbe morsa la lingua. Si sentiva una cattiva madre. 

Ricordo di averla ascoltata attentamente e poi averle domandato: “Tu glielo dici mai a questo ragazzo che non ce l’hai realmente con lui? Gli chiedi scusa, dopo averlo demolito?”

Lei ha risposto di no. O meglio, sembrava non aver proprio preso in considerazione quell’opzione.

Perché mai una madre dovrebbe chiedere scusa a un figlio?

Avremo sicuramente sentito dire che essere genitori è il mestiere più difficile del mondo. Quante volte ci siamo trovati noi stessi, come madri, come padri, ad affrontare situazioni complesse, nella crescita dei nostri bambini e ragazzi?

E tutti, sicuramente, avremo sbagliato nei loro confronti.

Una parola di troppo, o, al contrario, una parola non detta di cui invece ci sarebbe stato tanto bisogno.

Un gesto aggressivo, che avrebbe dovuto lasciare spazio a un abbraccio. 

Un “no” che dovevamo saper dire per il loro bene, e invece abbiamo ceduto alla strada più comoda.

Un “sì”, prima di tutto quello della nostra presenza, che è venuto meno, perché presi da altre preoccupazioni e problemi.

Ognuno di noi, se si sottopone a un sereno ma sincero esame di coscienza, riconoscerà centinaia di errori o di imperfezioni nel rapporto con i figli. Lo stesso vale se si sperimenta una paternità e una maternità non biologiche (se si è educatori e insegnanti, padri e madri spirituali, pastori o responsabili di centri educativi).

Leggi anche: Coinvolgere i figli nel bene: la nostra esperienza come famiglia in Caritas

Ogni relazione, infatti, è ferita dal peccato, è ferita dalla nostra debolezza umana.

Non dovrebbe forse valere questo nel rapporto con coloro che sono affidati alle nostre cure?

Certamente è così: l’esperienza ce lo dice chiaramente. 

Che fare, allora? Lasciarci annientare dai sensi di colpa? Oppure ignorare tutto questo e illuderci di essere impeccabili? 

Esiste un’opzione sana, che ci dona pace e ristabilisce il rapporto dopo una caduta: chiedere perdono.

Certamente, la mamma di cui vi ho parlato, non sarà l’unica a non aver mai chiesto scusa al proprio figlio, pur amandolo tantissimo.

Chissà quanti si ritrovano in questo atteggiamento: si pentono dei loro comportamenti ma, piuttosto, vivono il rimorso con sé stessi… Genitori forse di figli grandi, che sono anche stati messi di fronte ai loro sbagli, eppure preferiscono, per orgoglio, continuare a camminare a testa alta, credendo o volendo credere, di non dover chiedere perdono di nulla.  

Forse è superbia oppure è mancanza di consapevolezza.  

Forse dimentichiamo che per essere guide, dobbiamo essere onesti. 

Permesso, grazie, scusa. Le tre parole d’ordine che, tempo fa, ci indicò papa Francesco per vivere bene in famiglia.

Quanta saggezza! Dovremmo riprenderle, meditarle, farle nostre.

Non ci è chiesto di mostrarci invulnerabili e impenetrabili. Non ci è chiesto di apparire come non siamo. Ci è chiesto di essere sinceri e di sentirci in cammino. Tutti.

Pretendiamo che i ragazzi chiedano scusa se disobbediscono. Ed è giusto insegnare loro che essere maturi significa ammettere anche i propri sbagli. Eppure, non esiste metodo educativo migliore del buon esempio. 

Se sbaglio, chiedo scusa.

Vale nel matrimonio, vale al lavoro, vale con una persona a cui ho tagliato la strada, vale con un’amica… Perché non dovrebbe valere con un figlio? 




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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