STORIE DI ADOZIONE
La domanda dei genitori adottivi: come rispondere al senso d’abbandono dei figli?

Recentemente, abbiamo parlato del progetto di Sonia Negri e Sara Petoletti, rispettivamente una mamma adottiva e una psicologa. Insieme hanno scritto un libro dove riportano numerose vicende di personaggi famosi adottati. Credono sia importante raccontare storie in cui genitori e figli adottivi possano riconoscerci. Oggi, la seconda parte dell’intervista.
A proposito di incontri, come è stato l’incontro con le storie dei personaggi che avete raccontato nel libro “Adottato anche tu? Allora siamo in due! … O forse anche di più!”?
Noi spesso conosciamo le persone famose per quello che hanno fatto e meno per quello che hanno vissuto. John Lennon… Edgar Allan Poe…
L’adozione ha influito significativamente sulle loro vite e, spesso, anche sui loro successi. Cercare di conoscere le loro storie passate ci ha messo di fronte a vere e proprie scoperte e soprattutto ci ha permesso di fare molte riflessioni. Tuttavia, davvero entusiasmanti sono stati gli incontri veri e propri, quelli in carne e ossa con i personaggi attuali, di cui abbiamo raccontato la storia, ma che abbiamo incontrato realmente. Pensiamo ad esempio al cantante Leiner Riflessi o all’atleta Yeman Crippa…
Abbiamo chiesto ad alcuni di loro se fossero disponibili a farsi intervistare e abbiamo trovato una grande disponibilità e il desiderio di raccontare parte di sé, di entrare in dialogo, di aprirsi a noi e ai lettori del nostro libro.
Ci teniamo a dire che non sono state semplici interviste, ma veri e propri incontri. In particolare, ricordiamo l’incontro con Vivian Lamarque, grande poetessa, che ci ha invitato a casa sua (un luogo pieno di piante, di ricordi, di libri, di fotografie…). Lei ci ha raccontato la sua storia, ha risposto con molta generosità alle nostre domande e poi ha cominciato a chiederci di noi, del nostro lavoro, delle nostre famiglie, dei nostri figli. E così l’intervista si è trasformata in una relazione di reciproca conoscenza. Tutto molto umano e autentico!
Qual è stata la riflessione principale che è scaturita dalla scrittura di questo libro?
Siamo partite pensando di scrivere un libro che potesse offrire storie di successo, esempi positivi nei quali i ragazzi adottati potessero immedesimarsi, trovando quel coraggio e quella capacità di non vedere nell’adozione un ostacolo alla propria felicità, un limite ai propri sogni. Ci sono tante persone che hanno vissuto un’infanzia difficile, infelice e traumatica, ma questo non ha impedito loro di diventare famose ed avere successo nella vita, ma abbiamo anche capito che successo e felicità non sempre coincidono.
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Il nostro libro, quindi, mentre prendeva forma ha cambiato prospettiva: nel raccontare storie di persone di successo, abbiamo cercato di mettere in luce quegli elementi delle loro vite che li hanno portati ad essere felici. O a non esserlo – perchè tra i nostri personaggi famosi ce ne sono alcuni che proprio tanto felici non sono stati!
Nell’adozione è molto importante la presa di consapevolezza della propria storia, la ricostruzione del proprio passato, la rielaborazione e un lavoro sulle proprie origini. Questo sicuramente è uno di quegli elementi che i protagonisti del nostro libro ci hanno aiutato a mettere a fuoco. I più felici tra loro sono proprio quelli che hanno saputo ripercorrere la propria storia a partire dalle origini, accettando le difficoltà e trasformandole in punti di forza, con ottimismo e positività.
Cosa direste ad una coppia che vuole intraprendere il cammino dell’adozione?
Prendiamo in prestito una frase che pronuncia Mario Balotelli nel corso di una intervista di qualche anno fa: “un bambino abbandonato non dimentica“. È una frase semplice, se ci pensiamo ovvia, come potrebbe essere altrimenti? Eppure, allo stesso tempo, è così spiazzante per noi adulti, per chi genitore lo è già e per chi ha desiderio di diventare tale! Quanto ci fa sentire impotenti pensare che questi bambini, questi ragazzi porteranno con sé per sempre un vuoto e un dolore enormi, nonostante noi! Nonostante il nostro amore, la nostra vicinanza, i nostri sforzi di dare loro il massimo per compensare quel minimo, o quel niente.
Credo che il delicato equilibrio che porta con sé la genitorialità adottiva, e che rappresenta uno dei compiti a cui chi si accosta all’adozione è chiamato a rispondere, sia far convivere dentro di sé questa disarmante consapevolezza con l’altrettanto vivida certezza dell’immenso privilegio che abbiamo di potere cercare di riparare quel vuoto originario, accompagnando questi ragazzi verso una progressiva elaborazione della propria storia. Dare ascolto al loro dolore, alle loro parole di rabbia, alle loro domande il più delle volte senza risposta, accogliendo il senso di vuoto, di frustrazione, di inadeguatezza, di vergogna, di impotenza che li accompagna: ecco questa è la prima cosa che possiamo fare. Di qualsiasi storia si tratti, noi possiamo essere accanto a loro.
E cosa direste a chi è stato adottato e sta cercando di mettere a posto i tasselli della sua storia?
Di non aver paura di farsi domande. Di trovare qualcuno con cui parlarne e… di leggere il nostro libro per confrontarsi con tante storie diverse!
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