Mi torna spesso in mente una scena vista anni fa: una madre con il figlio adolescente, seduti su una panchina del parco. Lei gli parlava con passione di qualcosa – non so cosa – mentre lui scrollava le spalle, tutto piegato sul telefono, come se la vita fosse quella che passava dallo schermo. Quella madre sembrava voler consegnare qualcosa di prezioso, e lui sembrava già aver deciso di non raccoglierlo.
Questa scena mi torna in mente ogni volta che rifletto sul compito più importante dei genitori: consegnare ai figli il senso e il modo di stare nella vita che non si impara sui libri, ma attraverso gli occhi, i gesti e le parole di chi ci ha messo al mondo.
La postura verso il mondo non è solo stare dritti con le spalle: è uno sguardo, una fiducia, la capacità di capire che la vita è un viaggio complesso e che, per quanto imperfetto, vale sempre la pena viverlo fino in fondo. È insegnare il coraggio della gentilezza, il senso del rispetto, la curiosità verso gli altri. È indicare che c’è un significato anche nelle sconfitte, nelle giornate storte, nei “no” che fanno male.
Eppure, amaramente, vedo spesso genitori abdicare a questo ruolo. Forse per paura di non essere ascoltati, forse perché troppo stanchi o confusi loro stessi. E così delegano. Delegano agli insegnanti, agli influencer, agli algoritmi dei social. Ma nessuno di questi sostituti potrà mai insegnare ai figli come camminare nel mondo senza perdere il passo.
Non c’è app che possa dire a un figlio che il senso della vita è qualcosa che va cercato giorno per giorno, anche nei dettagli più piccoli. Non c’è algoritmo che possa insegnargli a distinguere il bene dal male, a riconoscere il valore dell’onestà e del sacrificio, a scorgere il mistero di Dio nelle piccole cose di ogni giorno.
Se i genitori smettono di consegnare questa postura, i figli crescono con le spalle curve, disorientati. E non importa quanti successi raccoglieranno o quanti followers avranno: mancherà sempre qualcosa. Forse è tempo di tornare a guardarci negli occhi, di ritrovare il coraggio di essere esempi vivi. Perché anche quando sembra che i figli non ascoltino, anche quando scrollano le spalle, una parte di loro sta sempre imparando da noi come stare al mondo.
E non dobbiamo avere paura che essi vivano la fatica. La fatica serve a creare quello spazio interiore in cui si coltivano le virtù più belle. I genitori sono chiamati proprio ad arare questo spazio, a renderlo vuoto perché chi è sazio non può accorgersi dei bisogni degli altri, chi è pieno di sé non può ascoltare la voce di Dio che parla.
Quando un figlio riceve questa postura, ha ricevuto il modo di stare al mondo, il modo di essere felice. Non basta conoscere il meccanismo del mondo (quello lo fanno le nozioni che imparano a scuola) bisogna imparare a rispondere alla domanda sul senso di stare nel mondo. Ciò che dobbiamo trasmettere è un motivo per cui vale la pena vivere e anche morire.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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