Sono a Lourdes nel giorno della Festa, nel giorno in cui si ricorda la prima Apparizione della Vergine a Bernardette Soubirous, 11 febbraio 1858. Il 4 ottobre scorso le ho promesso di venire e, tra mille difficoltà, sono qui. È l’alba, dalla finestra della mia stanza posso vedere il campanile della cattedrale, scorgo un raggio della corona che sovrasta il promontorio e so che tutto questo è retto dalla grotta che non si vede, dallo spazio sacro dove la Madonna è apparsa a quell’umile fanciulla.
Il mondo è retto da ciò che non si vede. È retto da una luce nascosta nel buio, è retto dalla fede di milioni di cristiani. Alcuni di essi silenziosamente ieri sera sono arrivati per allargare le fila di una processione lunghissima, in una sera gelida e piovosa, il cuore pieno di intenzioni, la lampada della fede accesa, gli occhi rivolti solo a Lei, la discepola per eccellenza, la tota pulchra, la tutta bella, Maria.
Qui ogni preghiera passa in secondo piano, la mente e il cuore ne suggerisce una sola. Forse la prima che abbiamo imparato, quella che il solo pronunciarla fa riaffiorare alle labbra una dolcezza infinita, quella a cui ci aggrappiamo come naufraghi nella tempesta, quella che ci ricorda oggi sempre che abbiamo lei come Madre: Ave o Maria, piena di grazia…
Quando la Vergine è apparsa a Bernardette, tutto è differente tra loro. Maria sorride, Bernardette è sorpresa e spaventata. Maria è vestita di bianco. Bernardette ha abiti scuri. Maria ha delle rose sui piedi, Bernardette zoccoli pesanti e duri. C’è una cosa che hanno entrambi tra le mani però: il rosario. Per Bernardette è uno dei rari oggetti che può permettersi nonostante la povertà e data la sua ignoranza, la preghiera più semplice da dire. Il rosario è davvero un’esperienza di grazia e di speranza.
Quando il cuore del pellegrino si raccoglie nella grotta di Massabielle la preghiera del rosario diventa il filo che unisce il cielo e la terra. Non è solo una devozione, ma un respiro di fede che nasce dall’incontro tra la fragilità umana e la dolcezza materna di Maria. Qui, dove l’acqua sgorga come segno di purificazione e speranza, la corona del rosario si trasforma in una sorgente di pace interiore.
A Lourdes, la potenza del rosario si manifesta in modo tangibile: i malati, i pellegrini e coloro che cercano una risposta ai propri interrogativi si trovano immersi in un dialogo profondo con Dio. I misteri gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi scandiscono le ore del giorno, ogni Ave Maria è un sussurro di fiducia, ogni Gloria un’esplosione di gratitudine, ogni Padre Nostro un’invocazione che affida il mondo alle mani misericordiose del Padre.
Qui a Lourdes, il rosario ha anche una dimensione comunitaria. Durante la processione di ieri sera, quando migliaia di candele hanno illuminato il cammino, la preghiera è stata un coro unanime salito verso il cielo. In questi momenti, si percepisce con chiarezza che il rosario non è solo una preghiera personale, ma un atto di comunione ecclesiale.
È la terza volta che vengo qui. È da 25 anni che una piccola statua di Nostra Signora di Lourdes ha un posto d’onore nella nostra casa. Davanti a Lei si è consumata tanta cera. Maria, la donna del “fiat”, ancora una volta mi invita a fare della mia vita un Rosario vivente. Come lei, siamo chiamati a custodire nel cuore i misteri della vita e ad affidarci completamente alla volontà del Padre. Il Rosario ci riporta all’essenziale: l’amore di Dio che si fa vicino, la tenerezza di una Madre che ci accompagna, la speranza che non delude mai. Pregare il rosario è camminare con Maria, mano nella mano, verso Cristo, è Lui la nostra vera pace.
Quando Bernardette dopo molte prove sia fisiche che morali, con un cuore colmo di speranza e scevro da ogni vittimismo, approderà al convento a Nevers per vivere il resto della sua vita senza mai ritornare a Massabielle, dirà: “Siete solo voi il mio tutto e la mia vita; io vi seguirò ovunque voi andrete. Andiamo anima mia, coraggio. Un giorno ancora al seguito di Gesù e di Maria. Salendo faticosamente sul Calvario… e poi, con Gesù e Maria, la felicità, la gioia, l’eternità”.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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