SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

La nostra famiglia: un tavolo con quattro gambe. Il primo pilastro? La preghiera

preghiera

di Nicola e Giulia Gabella

Siamo due sposi, genitori di tre figli. Abbiamo iniziato a condividere la nostra esperienza la scorsa settimana. Oggi proseguiamo, raccontandovi cosa è accaduto quando abbiamo accettato i piani di Dio per noi. Spesso paragoniamo la nostra famiglia a un tavolo. Quali sono le quattro gambe che lo tengono in piedi? Preghiera, accoglienza, intimità degli sposi, formazione continua sul sacramento del matrimonio. Oggi parleremo del primo pilastro…

Attraverso la disabilità di nostra figlia, la secondogenita, abbiamo fatto la stessa esperienza di Giobbe, il quale al termine della vicenda che lo riguarda, dopo essere passato attraverso grandi e terribili sofferenze, riesce a parlare in questo modo: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5).

Di fronte agli eventi della nostra vita, così dolorosi ma anche così pieni di vita, abbiamo continuato a sentire vero il nostro matrimonio, abbiamo continuato a sentire vivo e presente il Sacramento delle nozze che avevamo celebrato il 2 giugno del 1996. Dio non ci aveva ingannato, bensì ha mantenuto le sue promesse di fecondità, di felicità, di pienezza di vita. Non ci siamo sentiti mai traditi da Dio una volta che lo abbiamo riscoperto come nostro Padre premuroso, che lo abbiamo sentito vivo e operante nella nostra vita.

È proprio grazie a questa nuova consapevolezza, che il nostro desiderio di aprirci alla vita ha potuto avere un seguito. Nell’estate del 2003 è nata la nostra terza figlia, Anna “favore/misericordia di Dio” e questo evento ci ha dato un nuovo impulso, nuova fiducia nel futuro e contestualmente abbiamo iniziato ad aprire la nostra casa, a cercare di vivere il nostro matrimonio non più come “due cuori e una capanna” ma come luogo di accoglienza, cura, amicizia, testimonianza e missione.

Abbiamo imparato negli anni a riconoscere l’azione dello Spirito Santo nella nostra vita di casa. Abbiamo imparato a rivolgerci a Lui nelle difficoltà che non sono mai mancate anche negli anni successivi (quasi sempre di tipo sanitario) e nelle necessità, abbiamo capito l’importanza di lodarlo per la Sua presenza e ringraziarlo per la Sua Provvidenza; si loda e si ringrazia Dio perché lo riconosciamo realmente presente nella nostra vita, e invochiamo lo Spirito Santo perché ci doni fede, speranza e carità. Lo Spirito Santo è la persona che forse meno conosciamo, ma lo Spirito di Dio è Dio stesso, ed è stato Lui che un giorno, mentre Giulia ed io parlavamo e ridevamo in cucina, ci ha fatto porre delle domande e immaginare la nostra famiglia come una tavola, un po’ traballante, ma che sta in piedi e questo grazie a quattro gambe, quelle che possiamo definire anche i “pilastri” della nostra vita di coppia e famiglia: preghiera, condivisione/accoglienza, dono del corpo, formazione.

La preghiera è il primo punto, ed è necessario chiarire un aspetto fondamentale: “noi non preghiamo Dio per giustificare il nostro essere cristiani, ma preghiamo per farci ogni giorno di Cristo”.

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Non intendiamo la preghiera come rituale religioso o magico, realizzato per ottenere favori e per ingraziarsi la divinità. La preghiera è un dialogo continuo con Dio, un dialogo tra chi si vuole bene, tra chi si rispetta e vive una stima reciproca; un dialogo che significa relazione, a volte dolce, altre volte più impetuosa, altre ancora sofferente. La preghiera ci permette di dare risposta alla nostra domanda di senso: “chi sono?”. O meglio, ci permette di metterci in relazione con l’unico che può darci davvero la risposta: Gesù.

La preghiera ci permettere di togliere noi stessi dal centro della nostra vita e di metterci invece Dio e il prossimo. Il nostro prossimo più prossimo è il nostro coniuge.

La mia sposa, il mio sposo è una persona che sta donando tutta la sua vita a me. Non scordiamocelo. Quando arrivo a sera e penso alla giornata, magari alla discussione che abbiamo avuto e magari che avevo anche ragione…. Penso che Giulia sia comunque più importante di tutto questo. È più importante anche della mia ragione. Questa cosa qui io, Nicola, che ho la testa dura, l’ho capita solo dopo sedici anni di matrimonio, tanta fatica, tante arrabbiature, tante testate contro il muro ma soprattutto dopo tanta preghiera.

La preghiera ci aiuta ad accoglierci l’altro/altra, accogliere il fatto che sia diverso/a da noi, da come avremmo voluto che fosse. L’altro non è Dio, ma solo un suo figlio/a. Come lo sono io. Il/La mio/a sposa/o è un essere fallibile, che sbaglia e che torna a sbagliare. Siamo chiamati ad amarci così come siamo, con misericordia, con pazienza e questo non è facile, ed è proprio in questi momenti che dobbiamo attingere alla grazia del Sacramento delle nozze. Il Sacramento delle nozze che abbiamo ricevuto è garanzia di Grazia che sgorga continuamente alla quale possiamo attingere in ogni momento. La preghiera ci permettere di attingere a questa grazia.

Certamente tutti noi vorremmo una relazione dove non si discute mai, mai un litigio, mai una tensione, una discussione, ma a volte accade. Non staremo qui a dirvi come si litiga, perché crediamo ne siate ben capaci (ah… la solita ironia) però possiamo dirvi di stare attenti, perché le parole hanno un peso e possono ferire, anche oltre la nostra intenzione. E una volta dette… non si scordano. Perché noi uomini e donne (non c’è differenza di genere in questo caso), abbiamo una memoria di ferro per queste cose.

La Parola di Dio ci indica la strada da percorrere: nella lettera ai cristiani di Efeso San Paolo, che evidentemente conosceva i “suoi polli”, scrive: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Ef 4,26) Questo deve valere anche per noi. Se stiamo litigando non portiamo avanti il litigio ad oltranza. Prendiamoci una pausa… che non vuol dire mettere da parte perché se ci sono delle questioni aperte, vanno chiarite. Preghiamo, invochiamo lo Spirito di Dio, Spirito di pace e misericordia e andiamo a dormire. Il giorno dopo saremo più lucidi per riparlare di quella questione e potremo prenderci il tempo necessario per affrontarla, ma con misericordia. Non poniamo il problema in mezzo a noi, in modo che ci divida, ma davanti a noi, in modo da affrontarlo come coppia. Chiediamo aiuto a Dio per fare questo.

E se comunque il litigio ha creato delle fratture, dei risentimenti, del rancore sappiate che siete “normali”. Non vuol dire che l’amore è finito. Vuol dire che dobbiamo perdonarci. Il perdono non cambia il passato, quello che è successo, però cambia il futuro, quello che sarà.




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