CORRISPONDENZA FAMILIARE

Mons. Gioacchino Illiano: prima di tutto un padre

3 Marzo 2025

Si è tenuto ieri un commovente incontro per ricordare Mons. Gioacchino Illiano (1935-2020), vescovo ordinario della diocesi di Nocera Inferiore – Sarno dal 1987 al 2011. Una serata intensa, fatta di racconti e testimonianze, per fare memoria del suo instancabile ministero e del suo amore di padre verso la Chiesa e i suoi figli. Di seguito, il toccante ricordo di don Silvio Longobardi, che ripercorre il legame spirituale con il vescovo Gioacchino, testimoniandone la paternità vissuta con dedizione, pazienza e misericordia.

Fare memoria del vescovo Gioacchino per me significa rileggere buona parte del mio cammino sacerdotale, quella più importante in cui il buon Dio ha consegnato parole luminose che hanno dato un preciso orientamento al mio ministero ecclesiale. Nella vita ci sono momenti in cui sentiamo il bisogno di scavare nel passato e fare memoria dei passaggi più significativi.

Il vescovo Gioacchino è stato sacerdote e vescovo, per alcuni anche amico e fratello. Ma prima di tutto e soprattutto è stato un padre, fedele icona di quel Dio che Gesù ci ha insegnato a pregare come il Padre di tutti. In quanto vescovo ha ricevuto la grazia e la responsabilità di guidare la Chiesa con l’autorità di Dio e ha saputo esercitare l’autorità attraverso una paternità conquistata giorno per giorno e non senza fatica. La grazia sacramentale dona l’autorità, la paternità invece si impara. Diventa padre solo chi accoglie con amore i fratelli che la Provvidenza affida alle sue cure e li guarda come figli, sempre bisognosi di essere amati. È una sfida impegnativa che può vivere solo chi accetta la croce, come testimonia l’apostolo Paolo che scrive così ad una comunità particolarmente ribelle: “Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi!” (Gal 4,19).

È questa la mia personale esperienza e ho voluto consegnarla al vescovo Gioacchino in una lettera che gli ho inviato nel 2010, pochi mesi prima che terminasse il suo ministero alla guida della diocesi di Nocera Inferiore – Sarno:

“Come dimenticare l’affetto che ho ricevuto, l’amore con cui mi ha sempre accompagnato, la pazienza con la quale ha accolto i miei strappi, la benevolenza che ha mostrato in tante occasioni, la generosa disponibilità con la quale ha confermato il nostro cammino ecclesiale fino al definitivo riconoscimento. E come dimenticare l’ultimo suo “dono”, quella casa di carità che per tanti anni ha dato gloria alla nostra diocesi? Questi e tanti altri gesti hanno ritmato la mia vita e quella dell’intera Fraternità. Sono segni visibili e concreti di una paternità che si è fatta carne”.

Il vescovo Gioacchino ha vissuto la sua paternità senza remore e senza pregiudizi, cercando sempre di valorizzare tutto e tutti con l’unico desiderio di far risplendere il Vangelo di Dio. Questo stile ecclesiale non è affatto scontato. Anzi, ho l’impressione che sia un’eccezione. Un ministero come questo richiede un particolare legame con lo Spirito Santo, necessita di quella libertà interiore che solo lo Spirito può donare. Il Vescovo è il primo e più diretto collaboratore dello Spirito: mediante la Parola e i Sacramenti semina con abbondanza la grazia dello Spirito nei solchi della comunità ecclesiale; attende con viva speranza la lenta germinazione e segue con premurosa attenzione la nascita e la crescita dei frutti. Impossibile descrivere l’intima gioia che prova un vescovo quando, malgrado le ombre che accompagnano ogni opera umana, può ripetere le parole di Paolo: “Noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti” (1Ts 2,13).

Leggi anche: Da sacerdote ho un grande desiderio di paternità!

Il vescovo Gioacchino ha seguito con amore la vita della Fraternità di Emmaus, nata e cresciuta durante il suo episcopato. È stato proprio lui a porre le premesse di questa nuova realtà ecclesiale. Se oggi mi trovo dentro una storia che s’impegna per la famiglia lo devo a lui che nel 1987, appena arrivato in Diocesi, mi ha affidato la responsabilità della pastorale familiare. Ero giovane e inesperto, non ero affatto pronto ad assumere un compito così impegnativo. E tuttavia, ho accolto con sincera obbedienza e tutto lo slancio della giovinezza quella richiesta, senza immaginare che quella parola umana era l’eco fedele di un’altra Parola che mi ha permesso di comprendere quello che Dio aveva pensato per me.

Spetta al Vescovo riconoscere l’autenticità dei carismi: il discernimento richiede prudenza e fiducia, domanda la capacità di scrutare con sapienza gli eventi ma anche il coraggio di accogliere le novità che Dio semina nella Chiesa. Il vescovo Gioacchino non si è accontentato di riconoscere la bontà di un carisma, si è concretamente adoperato per favorire il cammino e la missione ecclesiale che il buon Dio ci aveva affidato. Quando ha visto i primi germogli di quell’opera che stava nascendo ha saputo coniugare la legittima prudenza con un sapiente incoraggiamento fatto non solo di parole ma anche di gesti che hanno permesso alla Fraternità di avere spazi e strumenti per manifestare la grazia ricevuta.

La paternità chiede una grande disponibilità di cuore in tutto e con tutti, le vicende della comunità ecclesiale non vanno sempre secondo le attese, occorre perciò esercitare tanta benevolenza e misericordia per non perdere il bene prezioso della comunione. Ci sono stati passaggi, soprattutto nella prima fase, in cui certe mie parole avrebbero potuto alzare un muro o almeno creare una distanza. Ciò non è avvenuto perché il vescovo Gioacchino mi ha sempre guardato come un padre che attende pazientemente la maturazione dei figli.

Non si vive la paternità se manca la disponibilità ad amare gratuitamente, senza cercare alcuna ricompensa e neppure gratitudine, anche quando appare più che legittima. La paternità è fatta di parole ma anche di silenzi, a volte anche di lacrime versate di nascosto, sotto lo sguardo di Dio. Solo lui conosce le amarezze che ha patito per restare fedele all’ut unum sint che aveva scelto come motto del suo episcopato. Per questo e tante altre cose, che restano nascoste nel cuore, oggi rendo grazie a Dio per averci donato il vescovo Gioacchino, padre e pastore di una Chiesa che fa dell’amore la luce che ispira orienta ogni altra scelta.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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