Un pilastro della famiglia cristiana? Vivere bene l’intimità tra gli sposi

di Nicola e Giulia Gabella
Il corpo non è semplicemente qualcosa di biologico, ma anche teologico, cioè, ci parla di Dio e ci invita a prendere molto sul serio la nostra sessualità, il matrimonio e l’amore umano. Banalizzare, demonizzare e mercificare la sessualità è perciò una bestemmia a Dio. Oggi vogliamo parlarvi del terzo pilastro che tiene in piedi la famiglia: l’intimità degli sposi. Non è pensabile un rapporto coniugale dove non ci si doni reciprocamente il corpo.
Abbiamo iniziato a parlare della famiglia come un tavolo con quattro gambe. Nell’articolo precedente abbiamo posto l’attenzione sul secondo pilastro: la condivisione e l’accoglienza, tra noi famigliari e con gli altri. Dicevamo che l’incontro con le persone spesso passa da una cena o un pranzo consumato insieme. Condividere la tavola è il metodo migliore per entrare in sintonia, per poter sciogliere un po’ i nodi, alleggerire le tensioni. Il gesto dello spezzare il pane insieme ha un enorme significato umano che tutti noi possiamo cogliere immediatamente, ma ha anche un significato simbolico e religioso, la cui importanza si sta invece perdendo.
Oggi vogliamo parlarvi del terzo pilastro: l’intimità degli sposi.
La terza “gamba” della nostra famiglia è il dono del corpo e la sessualità; questo non significa che sia meno importante delle prime due, anzi, la sua importanza è fondamentale per la vita degli sposi.
Su questo tema è essenziale dire oggi che la Chiesa non ha più paura di parlare della sessualità umana, o per essere più precisi possiamo dire che ha sempre meno timore – ed è giusto che sia così – perché la sessualità è dono di Dio.
Gli sposi cristiani devono crescere in consapevolezza rispetto a questo.
Il rapporto fisico rende gli sposi davvero “una carne sola” (Gn 2,24 e Ef 5,31). Non è pensabile un rapporto coniugale dove non ci si doni reciprocamente il corpo, nel rispetto di ogni tempo e stagione della vita, perché nella relazione d’amore tra un uomo e una donna, il dono del corpo è fondante della relazione stessa, è un aspetto dal quale non si può prescindere perché definisce l’uno e l’altra nella loro identità di genere.
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San Giovanni Paolo II, il papa che ci ha accompagnato nella nostra giovinezza, nel tempo del nostro fidanzamento e nei primi anni di matrimonio, ha speso buona parte del suo pontificato a ragionare sull’amore umano e nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio del 1981 al nr. 13 ha scritto: “Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce”. Sono parole importanti, che spiegano come ci sia un’intima connessione e identità tra l’atto sessuale degli sposi e il Sacrificio di Cristo sulla Croce e possono aprire fondamentali strade di riflessione, che non possiamo però affrontare ora perché il tema richiede certamente spazi e tempi dedicati.
San Giovanni Paolo II quando venne eletto nel 1978 propose la Teologia del Corpo (come lui stessa l’ha definita) come primo e maggior progetto pedagogico del suo pontificato; la Teologia del Corpo fu presentata in una serie di 129 udienze del mercoledì tra il settembre 1979 e il novembre 1984. Ancora oggi essa costituisce il cuore della grande visione dell’uomo di S. Giovanni Paolo II. Il succo dell’insegnamento di questo grande papa è appunto che il corpo non è semplicemente qualcosa di biologico, ma anche teologico, cioè, ci parla di Dio e ci invita a prendere molto sul serio la nostra sessualità, il matrimonio e l’amore umano. Banalizzare, demonizzare e mercificare la sessualità è perciò una bestemmia a Dio.
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