Film

L’Ultima Cosa Bella: il grido di una generazione smarrita

Cosa resta quando l’ultima cosa bella sembra già svanita? L’Ultima Cosa Bella, il primo lungometraggio dell’Aquilus Productions, è un pugno nello stomaco. Una storia che si insinua sotto la pelle e costringe lo spettatore a fare i conti con le ombre della solitudine, dell’abbandono, del desiderio di essere visti. Un film che non offre risposte facili, ma spalanca domande scomode.

Adele è una ventenne che vive di notte, tra eccessi e illusioni, nelle discoteche di una Napoli che brilla di una luce artificiale. Vuole sentirsi viva, crede di poter trovare una via d’uscita conquistando Renzo, PR affascinante e inarrivabile. Ma quando nella sua vita piomba Federico, un ragazzo enigmatico e fuori dal tempo, il castello di carte comincia a crollare. Il passato la insegue, la realtà si fa insostenibile. È troppo tardi per lei? Un film che fa male e, forse proprio per questo, necessario.

L’Ultima Cosa Bella non è un film da guardare distrattamente. Ti strattona, ti sbatte in faccia il lato oscuro dell’anima, l’illusione di una felicità che si dissolve all’alba. Affronta il dolore dell’abbandono, la solitudine che divora, il vuoto riempito di rumore e anestesia. Uno dei momenti più forti è il tema dell’aborto, presentato senza filtri: una ferita che grida nel silenzio, una scelta che non è mai solo personale, ma che incide sulla carne viva della società. “Nessuno dovrebbe essere lasciato da solo” dice una delle frasi più potenti del film, e qui la solitudine diventa condanna, destino, tragedia.

Riferimenti biblici fanno da filo conduttore. Il film si apre con un richiamo alla Genesi e si muove tra contrasti netti: il mondo urla “Vivete senza risparmiarvi”, il Vangelo risponde “Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà in vita eterna”. In questa lotta tra perdizione e salvezza, si fa spazio la proposta che avvicinarsi a Dio significa recuperare l’innocenza perduta, tornare bambini, riscoprirsi figli.

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Se il film colpisce per la sua crudezza e per le domande che solleva, lascia però alcune zone d’ombra nella costruzione della protagonista. Adele è sola, ma perché? Da dove viene questa sua deriva? Dove sono i suoi genitori, cosa ha scavato in lei un vuoto così profondo? Il film preferisce lasciarci con queste domande, ma il rischio è che la sua solitudine sembri più una condizione data che il risultato di un percorso interiore.

Se c’è una scena che resta incisa nella memoria, è lo scambio che hanno i due protagonisti sul perdono. Un momento di rottura, di resa, di verità. Qui il film tocca il suo punto più alto: l’amore di Dio è un mistero inconcepibile per la mente umana, sempre disposto a ricominciare, ad aspettare. Basta un solo moto del cuore, e tutto può cambiare.

Nessuna risposta facile, nessuna consolazione scontata. Il finale sovverte tutto, lascia con interrogativi aperti. Cos’è l’eternità? Che senso ha ricordarla? Se davvero c’è qualcosa oltre, allora il presente non è l’unica realtà possibile. È un film che apre ferite e costringe a guardarle, senza cerotti né anestesie.

L’Ultima Cosa Bella è un grido. Alcuni lo hanno definito il manifesto di una generazione che chiede di essere vista, altri lo accusano di esasperare certi contesti per accentuarne il contrasto con il percorso di redenzione. Ma una cosa è certa: non si esce dalla sala senza portarselo dentro.

Disponibile solo in sale selezionate. Maggiori informazioni sulle programmazioni su: Aquilus Productions




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