14 Marzo 2025

Il caso di Evita e la legge 40, tra diritto, etica e … buon senso

La vicenda di Evita, la quarantenne alla quale una clinica toscana ha rifiutato l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA), non è soltanto una questione di legittimità giuridica, ma si innerva in un dibattito più ampio che tocca le corde dell’etica, dell’antropologia e del senso stesso della genitorialità. La legge 40 del 2004, che disciplina la materia in Italia, pone un argine normativo a una deriva che rischierebbe di trasformare la procreazione in un diritto assoluto, slegato dalle implicazioni morali e dal rispetto della dignità della vita nascente.

L’intervento legislativo, nel suo impianto originario, si fonda su una concezione antropologica che riconosce la procreazione come un atto intrinsecamente legato all’unione coniugale, luogo naturale di accoglienza della vita. Permettere l’accesso indiscriminato alla PMA significherebbe, di fatto, scardinare l’idea che la procreazione sia frutto di un atto d’amore coniugale, relegandola invece a una tecnica medicalizzata disponibile su richiesta.

L’età avanzata di Evita introduce un ulteriore elemento di riflessione: la legge 40 pone un limite per tutelare il nascituro, che ha diritto a genitori in grado di garantirgli stabilità e presenza nel lungo periodo. L’innalzamento dell’età materna grazie alle tecniche di PMA non è privo di conseguenze: vi è un incremento del rischio di malattie genetiche, un maggior tasso di insuccesso e l’accentuazione di una genitorialità vissuta più come desiderio individuale che come responsabilità verso una nuova vita. Perché di tutto questo non vedo traccia nei dibattiti sull’argomento? È un’omissione culturale insostenibile.

Il cuore dell’argomentazione per me risiede proprio nella centralità del figlio rispetto alle aspirazioni dell’adulto. Il desiderio di un figlio non può automaticamente tramutarsi in un diritto incondizionato a ottenerlo, poiché il bene di un figlio deve essere sempre anteposto alla volontà e al desiderio genitoriale. La legge 40, pur sottoposta a revisioni giurisprudenziali, conserva un principio fondamentale: la tutela dell’embrione e la sua dignità. Evita, come qualsiasi altra donna, non può reclamare un accesso illimitato a una tecnologia che deve necessariamente sottostare a limiti etici e medici e, secondo me, anche di buon senso. In un’epoca in cui il progresso scientifico rischia di trasformare la vita in un prodotto da ottenere a ogni costo, la regolamentazione diventa un argine necessario contro una mercificazione della procreazione.

La scelta della clinica toscana di attenersi alla legge non è dunque un atto di discriminazione, bensì un’adesione a un principio di responsabilità sociale. La tutela della vita, il rispetto dei limiti biologici e la salvaguardia della dignità della persona umana richiedono che la procreazione rimanga nell’alveo di una visione antropologica che non la riduca a un capriccio individuale, ma la riconosca come dono, responsabilità e mistero sacro. Un principio che la legge 40 continua, con saggezza, a proteggere.



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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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