Se l’altro diventa un “idolo”, il matrimonio non regge. Il tuo coniuge non è Dio!

Di Nicola e Giulia Gabella

Abbiamo già iniziato a parlare dell’identità specifica degli sposi cristiani. Il sacramento del matrimonio ci dona la grazia di essere anzitutto “di Dio”. Se poniamo tutte le nostre aspettative sul coniuge, se pretendiamo che riempia tutti i nostri silenzi, che risolva tutte le nostre questioni irrisolte, poniamo su di lui o lei un fardello troppo pesante. Vi sveliamo un segreto: l’altro non è Dio.

La formazione continua sul sacramento del matrimonio è il quarto pilastro della nostra famiglia.

L’approfondire chi siamo come sposi ci aiuta a capire “chi siamo” e “di chi siamo”. Potremmo dire «è evidente, io sono di mio marito o di mia moglie» e questo in un certo senso è vero, ma se poniamo tutte le nostre aspettative sul coniuge, se pretendiamo che riempia tutti i nostri silenzi, le nostre fatiche o dubbi, che risolva tutte le nostre questioni irrisolte, poniamo su di lui o lei un fardello troppo pesante. Vi diciamo un segreto, che sembra ovvio ma non lo è: l’altro non è Dio, ma solo un suo figlio e quindi, in quanto creatura, è fallibile, può sbagliare.

Certamente l’impegno di ognuno di noi deve essere quello di non arrenderci al nostro sbaglio, di non perseverare in esso e di correggere il nostro errore e di provare sempre a rialzarci; la formazione serve anche a questo, a darci gli strumenti per cambiare il nostro punto di vista, cambiare il nostro atteggiamento di fronte alle situazioni. 

Il matrimonio è Sacramento, è segno, della presenza di Gesù. È luogo dove lo incontriamo realmente. Come spiegavamo nell’articolo precedente, occorre un atto di fede per riconoscerlo. 

Dicevamo che ci vuole fede perché i sacramenti non si spiegano in sé stessi, sono fuori dalla nostra normale percezione e solo la fede ce li fa cogliere quali segni chiari e precisi. 

Leggi anche: Sposarsi in chiesa non basta, bisogna comprendere “l’identità degli sposi cristiani”

Abbiamo spiegato che anche per il Matrimonio è necessaria la fede per riconoscerlo sacramento. Anzi occorre anche più fede, perché il fatto che due persone, un uomo e una donna si vogliono bene è naturale, non ci sembra strano, è già bello così. Gli sposi però non vivono soltanto il loro essere uomo e donna, ma essi vivono, manifestano e trasmettono una realtà più grande. Con il matrimonio avviene un salto qualitativo; con il Battesimo la Grazia è donata al singolo, con il matrimonio la Grazia è donata alla relazione della coppia, e non solo il 50% a ciascuno degli sposi. 

La Grazia è data all’unità degli sposi.

Per noi due come coppia, aver approfondito il nostro essere sposi in Gesù, ci ha dato molta forza per affrontare momenti difficili, rialzarci, ripartire; ci siamo resi conto sulla nostra pelle che non si trattava di mera teoria: la formazione si è incarnata nella vita reale.

Per comprendere questi discorsi non serve tanta scienza; la cosa fondamentale è vivere la vita della Chiesa; i sacramenti sono il modo che Dio ha pensato e istituito per incontrarci, per darci un “segno efficace” della Sua presenza tra noi. 

Partecipare alla Messa, fare la Comunione, accostarsi alla Confessione, partecipare anche a proposte della parrocchia in comunione con altre coppie, partecipare alla vita della propria comunità cristiana: questo è il modo per rimanere nella Chiesa, scegliere di stare con Dio anche se a volte non capiamo bene, non capiamo subito. Decidiamo di starci dentro “perché è degno di fede colui che ha promesso”. (Eb 10,23)




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