Ho appena terminato la lettura di Dignitas infinita, il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla dignità umana che è stato pubblicato il 2 aprile 2024. Ho trovato in esso una riflessione necessaria in un tempo in cui il concetto stesso di dignità sembra essersi smarrito, ridotto a un’idea fluida, adattabile agli umori della società. Ma cosa significa davvero essere portatori di dignità inviolabile?
Questo testo si inserisce con forza nel solco del grande magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, entrambi custodi di una visione dell’uomo radicata nella sua natura trascendente. Giovanni Paolo II ha innalzato il tema della dignità umana a cardine del suo pontificato, dalla Redemptor Hominis fino alla Evangelium Vitae, ribadendo che ogni vita ha valore in sé, indipendentemente dalla sua condizione. Benedetto XVI, dal canto suo, ha insistito sulla necessità di un ancoraggio antropologico solido, capace di resistere alla dittatura del relativismo.
Eppure, oggi sembra che questa certezza si sia dissolta. La dignità viene riconosciuta a intermittenza, concessa a seconda delle convenienze ideologiche o economiche. Valgono di più i criteri di efficienza, autonomia, autodeterminazione. Il risultato? Un mondo che protegge alcuni e abbandona altri: il nascituro sacrificato in nome della libertà, l’anziano lasciato solo nella sua fragilità, il malato trattato come un peso. In questa prospettiva, non si tratta più di riconoscere un valore intrinseco, ma di assegnarlo secondo criteri funzionali.
Ma come si può recuperare il senso autentico della dignità umana? Forse il primo campo di battaglia è la famiglia. È in casa che si impara a vedere nell’altro un valore indipendentemente dalle sue capacità, dal suo stato di salute o dalla sua utilità. Lo vedo nelle famiglie in cui è presente un malato con gravi patologie: un papà, una mamma, un figlio. In questi spazi sacri si insegna la dignità trattando le persone con amore e rispetto, accogliendo la debolezza senza disprezzo, educando al dono di sé senza calcoli. Con delicatezza.
Salvatore è un uomo taciturno ma molto attivo. Nella sua vita ha sempre lavorato per garantire alla moglie e ai suoi cinque figli serenità e possibilità di studiare. Era andato in pensione da poche settimane quando ha scoperto di essere affetto da una malattia neurologica degenerativa. Un processo che lentamente ma inesorabilmente gli toglie piano piano le più elementari funzioni vitali. La notizia ha gettato un’ombra di angoscia su tutta la famiglia ma la fede sta trasfigurando i momenti più difficili. Salvatore è amato e non si sente un peso. Nessuno lo fa sentire tale.
Questa sfida ha un grande valore educativo. In quante case si respira lo stesso clima di attenzione alla dignità dell’altro? Oppure, senza rendercene conto, assorbiamo le logiche del mondo e trasmettiamo ai nostri figli che il valore personale dipende dal successo, dalla produttività, dall’immagine? Se Dignitas infinita ci lancia una provocazione, è questa: la dignità non è un concetto astratto da difendere solo nelle grandi dichiarazioni internazionali, ma una verità da incarnare nel quotidiano. Ricominciare dalla famiglia, dai piccoli gesti, dalla capacità di guardarsi negli occhi con stupore e rispetto: forse è qui che si gioca la vera rivoluzione della dignità umana.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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