Educazione
Dove nascono i germi di pace? In famiglia, “cellula base” della società

Foto: Pixabay
di Giuseppe Lubrino
La famiglia è la cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico. Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella loro crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. La famiglia è anche uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace.
La pace, un’oasi preziosa da coltivare con cura, non è un’utopia irraggiungibile, ma un impegno costante che nasce dal nostro modo di essere e di agire. Come un seme che germoglia, la pace ha bisogno di un terreno fertile, nutrito da azioni concrete e da un cuore aperto al dialogo.
Benedetto XVI, con profonda saggezza, ricordava le ombre del passato, riconoscendo le mancanze che anche molti rappresentanti del cristianesimo hanno avuto nella storia. Questa consapevolezza è un passo fondamentale per costruire un futuro di pace, un futuro in cui l’umanità, finalmente unita, possa fiorire.
Ratzinger attraverso il suo insegnamento mostra la via della Pace. La pace è possibile, è un dono di Dio e lo si può ricevere se si comprende l’importanza di ripensare la fede e la centralità di Gesù Cristo e del suo messaggio di salvezza.
Come cristiano, vorrei dire che sì, nella storia, anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Però, è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo “abusivo” della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della pace” (2 Cor 13,11).
Abbiamo bisogno del riconoscimento umile degli errori del passato, perché si trasformino nell’invito a vedere nella dimensione religiosa dell’esistenza una strada privilegiata per edificare ponti di pace ed estirpare la violenza. Sulla base di tale disamina, trovano pieno riscontro le considerazioni che Joseph Ratzinger – a partire dalla magna carta del Vangelo ovvero il discorso di Gesù sulle beatitudini (cf. Mt 5,9) – fece durante la celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace il primo gennaio 2013, in cui il pontefice sottolineò l’importanza di favorire all’interno della società, della scuola e delle famiglie itinerari e percorsi di giustizia, solidarietà e sane relazioni.
Questi elementi sono considerati ingredienti indispensabili per edificare una vera e propria civiltà della pace. In tal senso, Ratzinger indicava la famiglia quale istituzione privilegiata deputata a attuare germi di pace.
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Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico. Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella loro crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. In specie, la famiglia cristiana reca in sé il germinale progetto dell’educazione delle persone secondo la misura dell’amore divino. La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace. (Cf. Benedetto XVI, “XLVI Giornata Mondiale della Pace, “Beati gli operatori di pace”, 1° gennaio 2013).
Ratzinger invita anche le istituzioni scolastiche ed universitarie a rendersi ambasciatrici di pace specialmente per quanto concerne il settore tecnologico ed economico affinché sia posta in essere una cultura della legalità e dell’onestà che favorisca la giusta sinergia tra le istituzioni per una società retta dall’armonia reciproca.
Creare rete, dunque, tra famiglia, Chiesa e istituzioni per abitare con sentimenti, ideali e valori di pace la società. Favorire il confronto, la condivisione e il dialogo reciproco anche tra le diverse tradizioni culturali e religiose per piantare nel giardino del mondo il seme della pace costituisce l’incessante appello che Ratzinger instancabilmente ha rivolto al mondo. Egli, infine, invita a proporre e promuovere una vera e propria pedagogia della pace e del perdono si legga quanto afferma in proposito.
Essa richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità […]. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. Il male, infatti, si vince col bene, e la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli (cfr Mt 5,21-48). È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. (Cf. Ibid).
Tali riflessioni costituiscono un patrimonio culturale dal valore inestimabile. Ratzinger è un “gigante” del pensiero nel senso inteso dalla celebre affermazione di Bernard de Chartes. Pertanto, diffondere, conoscere e approfondire il suo pensiero costituisce l’acquisizione di una buona chiave di lettura per interpretare e orientare il cambiamento culturale in atto che caratterizza il tempo presente.
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