CORRISPONDENZA FAMILIARE

Difendere la vita, un nuovo capitolo dell’impegno sociale

24 Marzo 2025

A trent’anni dalla pubblicazione di “Evangelium Vitae” (1995), l’enciclica di Giovanni Paolo II resta un punto di riferimento per la difesa della vita umana. Eppure, oggi il tema della vita nascente è sempre meno percepito come centrale, persino negli ambienti ecclesiali. Mentre il dibattito sociale spesso lo ignora o lo affronta con ostilità, tanti continuano a testimoniarne il valore con coraggio. Il Papa polacco aveva chiesto alla Chiesa di essere “popolo della vita e per la vita”, promuovendo una cultura fondata sulla verità e sull’amore. Un appello che, oggi più che mai, resta attuale.

La problematica della vita nascente, anche negli ambienti ecclesiali, oggi è sempre meno percepita come una questione importante e decisiva. Le stesse persone che si impegnano per la pace e i sostenitori più convinti della non violenza guardano a questo tema con una sostanziale indifferenza, ritengono che siano altre le questioni da cui bisogna partire e per le quali è doveroso lottare. I bambini non sono una priorità. 

Questo plateale disinteresse, che in ambito sociale diventa chiusura ostile e pregiudiziale, non impedisce a tanti altri, molto più di quelli che appaiono sulla scena mediatica, di continuare tenacemente ad annunciare, con le parole e le opere, che la vita umana va accolta e custodita con amore. Una determinazione così coraggiosa ha radici lontane, ha trovato – e trova ancora oggi – nel magistero di Giovanni Paolo II un riferimento ideale e un sostegno straordinario. 

Trent’anni fa il Papa polacco, a conferma di una costante attenzione a questo tema, ha pubblicato l’enciclica Evangelium vitae (1995). Il documento porta la data del 25 marzo, il giorno in cui la Chiesa celebra la festa dell’Annunciazione, il giorno in cui, come ricordava con fierezza Carlo Casini, la Città di Firenze ha celebrato per secoli il suo capodanno. 

La data non è secondaria. In quel documento, infatti, Giovanni Paolo II parte proprio dalla notte santa, quella in cui sui risuona l’annuncio gioioso che accompagna tutta la vicenda umana: “oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,11). La nascita di quel Bambino è la buona notizia attesa da secoli, la sorgente stessa della gioia e della speranza. Questo annuncio riguarda “tutto il popolo”, è rivolto cioè a tutti gli uomini. Il Natale rappresenta dunque l’aurora di una storia nuova, in questo evento, scrive Giovanni Paolo II, “è svelato anche il senso pieno di ogni nascita umana” (Evangelium vitae, 1). La gioia che accompagna la nascita del Salvatore diventa “fondamento e compimento della gioia per ogni bimbo che nasce” (ivi). La nascita di un bambino, di ogni bambino, diventa così una buona notizia. Ogni creatura, infatti, racchiude un grande mistero, porta con sé l’immagine di Colui che ha creato tutte le cose. 

È un documento unico nel suo genere, il primo dedicato unicamente alla questione della vita. Con quella determinazione che ha segnato tutto il suo magistero, Papa Wojtyla ha chiesto alla Chiesa di essere il “popolo della vita e per la vita” ed ha invitato tutti i battezzati ad operare per affermare “una nuova cultura della vita umana, per l’edificazione di un’autentica civiltà della verità e dell’amore” (Evangelium vitae, 7). Questo impegno non può restare ai margini della vita ecclesiale perché interpella la fede: 

“Ogni minaccia alla dignità e alla vita dell’uomo non può non ripercuotersi nel cuore stesso della Chiesa, non può non toccarla al centro della propria fede nell’incarnazione redentrice del Figlio di Dio, non può non coinvolgerla nella sua missione di annunciare il Vangelo della vita in tutto il mondo ad ogni creatura” (Evangelium vitae, 3)

Oggi è più che mai necessario ribadire che la vita umana ha un valore sacro e va difesa sempre e comunque in ogni momento del suo esistere. In continuità con l’immutabile tradizione della Chiesa Giovanni Paolo II scrive: 

“con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi […] dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente” (Evangelium vitae, 62).

È certamente necessario per contrastare un relativismo strisciante che genera dubbi anche in questo ambito. Tutto questo non basta, la generica condanna dell’aborto rischia di essere una comoda autoassoluzione. Non basta denunciare l’ingiustizia sociale se non mettiamo in campo progetti e iniziative volti a contrastare la povertà. Allo stesso modo, l’impegno per la vita nascente deve uscire dall’ambito morale ed entrare nel cantiere della vita ordinaria, quello in cui la Chiesa ogni giorno scrive pagine sempre nuove della sua missione a servizio dell’umanità. È questo l’obiettivo che emerge nella parte conclusiva dell’enciclica: 

“Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita: nuova, perché in grado di affrontare e risolvere gli inediti problemi di oggi circa la vita dell'uomo; nuova, perché fatta propria con più salda e operosa convinzione da parte di tutti i cristiani; nuova, perché capace di suscitare un serio e coraggioso confronto culturale con tutti” (Evangelium vitae, 95).

Questo paragrafo era particolarmente caro a Carlo Casini (1935-2020), magistrato e politico, che per lunghi anni ha guidato il Movimento per la Vita. Lo citava spesso per sollecitare tutti a mettere in campo un impegno più convinto e operoso. 

Leggi anche: Eddie e il cuore galoppante della sua bambina

A suo giudizio grazie a questa enciclica il diritto alla vita diviene un nuovo capitolo della questione sociale. Nei precedenti documenti del magistero e nella pubblicistica morale cattolica questo tema era quasi sempre presentato come una questione che riguardava la singola persona, interpellava la sua coscienza. L’accoglienza o il rifiuto della vita diventava solo una questione di coscienza. L’enciclica presenta il diritto alla vita come un problema sociale, un fatto che non solo interpella tutti ma chiede un comune impegno nella certezza che la soluzione di questo problema ha un suo riflesso sull’intera società. 

Un profeta della pace, don Tonino Bello (1935-1993), ha scritto una preghiera in cui definisce l’aborto come “un oltraggio grave” alla fantasia di Dio: “è un riaffondare l’aurora nelle viscere dell’oceano, è l’antigenesi più delittuosa, è la lacerazione più desolante”. Quelle vite spezzate prima di nascere, è ancora lui a parlare, “sono ali spezzate”, voli che Dio aveva progettato di fare e gli sono stati impediti. Viaggi annullati per sempre. Le immagini poetiche riescono appena ad attenuare il dramma che si rinnova ogni volta che la vita di un essere umano, anche di uno solo, viene spezzata. L’aborto offende la pace perché calpesta il diritto alla vita che appartiene nativamente ad ogni uomo. Non basta amare il genere umano se non si è veramente disposti ad amare ogni uomo, la convivenza sociale e la pace tra i popoli resteranno una splendida utopia se non siamo disposti a riconoscere ad ogni bambino il diritto a venire alla luce. 

L’impegno per la vita nascente incontra non poche resistenze, sembra una battaglia di retroguardia. L’opposizione della società rattrista ma l’indifferenza della comunità ecclesiale ferisce molto di più. E tuttavia, le difficoltà non sono una buona ragione per arrendersi, anzi rappresentano un incentivo per mettere in atto un impegno ancora più tenace. La nostra voce appare timida e debole in relazione a quella amplificata dai mass media ma, ne siamo certi, ha la forza della verità e il profumo del futuro. 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.