VITA DI FEDE

Il cristiano davanti a terremoti e calamità: la speranza a cui ci chiama il Vangelo

Croce

Di fronte alle disgrazie, il rischio è di pensare che, se c’è Qualcuno che ci ha creato, allora non ci ama così tanto. Pensiamo all’ultimo devastante terremoto in Myanmar e Thailandia. Premesso che, di fronte al dolore, la risposta migliore è fare la propria parte per aiutare, è vero anche le domande di senso che questi fenomeni ci suscitano meritano di essere ascoltate…

Tante persone, in questo momento, stanno facendo i conti con la distruzione, l’angoscia, la sofferenza fisica, la perdita di persone care a causa di un potente terremoto che si è verificato in Myanmar Thailandia. Le speranza di trovare ancora qualcuno vivo si affievoliscono di ora in ora e i danni sono ancora incalcolabili.

Queste notizie ci addolorano: è uno strazio sapere che dei nostri fratelli e sorelle stiano vivendo questo. Al tempo stesso, percepiamo tutta la fragilità della condizione umana, che condividiamo con loro.

L’esistenza del male e il dolore da sempre ci interrogano e mettono in discussione la fede. Perché, se c’è un Dio buono, accadono queste cose alle sue creature predilette? Perché bastano dei movimenti della terra di pochi attimi a spezzare famiglie, a generare panico, mandare al collasso strutture sanitarie, distruggere in pochi minuti il lavoro di decenni?

Il rischio è di pensare che, se c’è Qualcuno che ci ha creato, allora non ci ama così tanto. Anzi, per alcune culture, questi fenomeni sono addirittura segno del castigo divino.

Premesso che, di fronte al dolore, la risposta migliore non è “perdersi in discussioni filosofiche”, ma fare la propria parte per aiutare, è vero anche che queste domande di senso meritano di essere ascoltate e, soprattutto, possono essere elevate a Dio, con l’umiltà di chi si riconosce piccolo davanti al mistero.

Noi cristiani non possiamo ignorare che simili questioni sono, inoltre, causa della perdita di fede per tante persone

Una ricerca, svolta da Footprints, gruppo di ricerca internazionale, legata tra i vari atenei anche a quello della Pontificia Università della Santa Croce di Roma, rivela che la principale causa di non credenza (ateismo o agnosticismo) tra i giovani in Italia è proprio la presenza del male nel mondo. Alcuni affermano, vedendo l’umanità afflitta da tante prove – e le calamità naturali, come le malattie, rientrano tra queste – che sia meglio credere che Dio non ci sia, altrimenti significherebbe che Egli è indifferente alle nostre disgrazie oppure che, perfino, le procuri o ne sia felice.

Qual è, dunque, la riposta del cristianesimo?

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Gesù – che ha operato segni grandiosi e distrutto la morte morendo – quando era ancora nel mondo ha predetto che, dopo di lui, il mondo sarebbe rimasto provato da molte brutte realtà. Leggiamo ad esempio: “«Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo»”. (Lc 21, 5-11)

San Paolo apostolo dirà che il mondo “geme e soffre”, fino alla sua rifondazione, “le doglie del parto” (Rm 22-27). Non solo l’uomo soffre, ma tutta la creazione.

Il Dio di Gesù, però, non “vuole” il dolore. Lo permette ancora – e il perché a volte sembra esulare dalla nostra comprensione – ma non lo procura, anzi, lo assume su di sé.

Qualche anno fa, durante un ritiro con i frati, un predicatore disse: 

Dov’è Dio quando l’uomo soffre? La risposta ce l’hai guardando la croce. Gesù sta lì, non sotto ad una pianta, all’ombra, a predicare il suo messaggio. Gesù predica dalla croce e in quella croce ci sono tutte le croci dell’umanità, anche le tue”.

Cristo si è fatto uomo per portare le conseguenze che il male ha sulla nostra vita insieme a noi.

Certo, il dolore resta un mistero. Come un mistero rimane il cosiddetto peccato originale.

Il prossimo santo Carlo Acutis – verrà canonizzato il 27 aprile 2025 – aveva una grande sensibilità spirituale e viveva una forte amicizia con Gesù: ogni giorno si accostava all’Eucaristia e confidava a Dio le sue gioie e i suoi dolori. Questo ragazzo, che leggeva la Scrittura ogni giorno e ne parlava con profonda sapienza, teorizzava che, se non ci fosse stato il peccato originale (di cui si parla nella Genesi), la morte non sarebbe stata violenta e dolorosa; il passaggio da questa vita a quella eterna sarebbe avvenuto nella pace, nella serenità, sarebbe stato per noi “naturale” vivere in questo giardino e poi raggiungere il Padre e la nostra Patria Celeste.

Al di là delle origini, il male c’è, ci tocca, ci disturba: sapere, però, che non “viene da Dio” (Gesù nel suo ministero pubblico ha passato la sua vita a guarire, non a maledire, ha sedato tempeste e curato ogni sorta di infermità; ha sanato cuori, liberato persone dalla presenza del demonio) ci aiuta a non disperare: la croce non ha l’ultima parola sulla nostra vita. 

Le malattie e le calamità, entrate in questo mondo, non appartengono al suo Regno e tutto questo, sebbene ancora presente oggi, un giorno non ci sarà più. Fino ad allora, sta a noi generare e proteggere la vita, soprattutto quando si mostra nella sua fragilità.

“Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico – racconta il Vangelo di Luca – e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto”.

Al posto dei “briganti” possiamo mettere “qualsiasi cosa che, in questo tempo sulla terra, danneggi noi e i nostri simili”: terremoti, maremoti, epidemie, malattie, guerre, violenze. Possiamo diventare sia il samaritano che soccorre sia l’uomo ferito che si lascia curare. Ciò che è certo che amandoci davvero come Dio ama (Gv 15, 9-17) a prescindere da ciò che accade, saremo testimoni che un Dio c’è, e non viene a distruggere ma a salvare.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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