SAN GIOVANNI PAOLO II

Vent’anni senza papa Wojtyla, ma la sua vita ci parla ancora

Gregorini Demetrio, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons

In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita”. L’eredita di San Giovanni Paolo II.

Era il 2 aprile 2005 quando, dopo due giorni di agonia, si spegneva papa Giovanni Paolo II. Sono passati vent’anni da quando il mondo ha pianto per la morte del Pontefice polacco, ricordato come il primo “papa viaggiatore”, perché, nel lungo ministero al soglio petrino, con le sue visite apostoliche, ha girato il mondo, raggiungendo anche terre lontane e dimenticate.

Vent’anni da quando abbiamo salutato il “papa della famiglia” che, con le sue preziose intuizioni, ha avviato il progetto della “teologia del corpo”, tesoro ancora tutto da scoprire, da sviscerare, da assaporare.

Vent’anni che sembrano un secolo per i cambiamenti epocali – sul versante della tecnologia, ad esempio – ma che paiono un giorno per le questioni etiche, sempre attuali, che il pontefice trattava con decisione e lungimiranza. Pensiamo, ad esempio, alle sue preoccupazioni circa l’aborto e gli altri attentati alla vita umana.

Diceva che l’unico modo per leggere i giornali senza perdere la speranza fosse tenere in una mano il quotidiano, nell’altra la Parola di Dio. E lui stesso, nella sua difficile vita, aveva imparato molto presto a sperare riponendo fiducia in Cristo, quando tutto, intorno, gridava disperazione.

Ha visto da vicino, infatti, gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, ha visto la morte, in tutta la sua crudezza, e ha conosciuto le cattiverie del regime comunista. Orfano di madre, fin da bambino ha dovuto fare i conti con la fragilità e con la fatica di vivere.

Amante del teatro, faceva della poesia e dell’arte un espediente per trovare, custodire portare bellezza.

Da giovane sacerdote si circondava di giovani, da Vescovo, si faceva prossimo si faceva prossimo a tutti con un profondo spirito di servizio. I ragazzi stravedevano per lui. Li ascoltava, come pochi altri sapevano fare. E poi, con una schiettezza inconsueta per il tempo, parlava con loro di tutto, senza sorvolare su questioni fondamentali ma che spesso mettono in imbarazzo prima di tutto gli adulti, come la sessualità e l’intimità degli sposi.

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Divenuto papa, non aveva paura di dire la verità, non temeva persecuzioni, si faceva amico e vicino soprattutto a chi non credeva più nella vita. Ai giovani gridava, con tutto il fiato che aveva in gola, di aprire le porte a Cristo.

Diceva anche:

“In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna” (Roma, XV Giornata Mondiale della Gioventù del 2000).

Sono passati vent’anni da quando quell’uomo fisicamente provato (sopravvissuto anche – nel 1981 – ad un attentato che poteva costargli la vita) ha lasciato questa terra, ma la sua voce è ancora scolpita nei cuori di chi lo ha amato e seguito.

Nel giorno del suo funerale, il vento sfogliava le pagine del Vangelo, di fronte ad una platea attonita e riconoscente per il dono della sua vita.

Vent’anni da quando quel Vangelo posto sulla sua bara, conservato e custodito con amore nell’arco della lunga permanenza sul soglio petrino, indicava, senza parlare, nel silenzio di una veglia funebre, che – anche voltando pagina – lui sarebbe rimasto nella Chiesa e per la Chiesa per sempre, perché quel Vangelo lui lo aveva amato, accolto, seguito con la fedeltà dei santi.

Vent’anni senza Papa Wojtyla, eppure, la sua vita ci parla e ci parlerà ancora.




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