In un mondo in cui il trionfo spesso si misura attraverso le vittorie, la fama e i titoli, la storia di Elena Delle Donne, campionessa di basket, 35 anni, ci ricorda che c’è un’altra dimensione della vittoria, più profonda e silenziosa. La sua scelta di tornare a dedicarsi completamente alla cura della sorella sordocieca è commovente e rappresenta anche un monito: il vero gioco è quello dell’amore.
Per anni Elena ha calcato i parquet della WNBA, dimostrando una capacità atletica senza pari e una leadership esemplare. Come sportiva ha sempre portato con sé non solo il talento e l’impegno sul campo, ma anche una dimensione di responsabilità verso la sua famiglia. Curare una persona con disabilità, specialmente in un contesto di sordocecità, non è un compito semplice, né fisicamente né psicologicamente. Si tratta di un impegno che richiede pazienza e una comprensione che va oltre la parola e il gesto.
Elena, che in campo ha sempre dovuto affrontare le sfide fisiche e mentali dei giochi più duri, si sente chiamata ad un’altra sfida. Certo uno potrebbe dire che ha già ottenuto diversi riconoscimenti sportivi ma come ha detto più volte i suoi successi sono soprattutto merito di Lizzie, la sorella appunto. La cura di una persona con disabilità sensoriale, come la sordocecità della sorella, significa per Elena entrare in un mondo dove la comunicazione è limitata a gesti, tocchi e intuizioni ma è fatto soprattutto di amore e di dedizione. Vorrei che i nostri giovani avessero questi esempi davanti agli occhi.
Mentre il mondo vuole eliminare le persone con disabilità o convincere tutti della loro inefficienza, la scelta di Elena ci ricorda che la vera potenza non è quella fisica, ma quella che nasce dal cuore. È una luce che ci invita a riscoprire il valore delle relazioni umane, quelle che richiedono il coraggio di mettersi in gioco e di accogliere le fragilità come parte di un cammino di crescita. È uno sguardo di bene sulla dignità infinita di questi fratelli e sorelle ma anche una via privilegiata per toccare la bellezza dell’animo umano.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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