CORRISPONDENZA FAMILIARE

Silvio Longobardi

Senza paura. Oggi inizia un nuovo capitolo dell’unica missione

9 Maggio 2025

vatican.va

Non è facile trovare le parole giuste per iniziare un ministero che, per usare le parole di Paolo VI, pone un uomo “in un’estrema solitudine”: “Come una statua sopra una guglia. Niente e nessuno mi è vicino… Io e Dio”. Quando si è affacciato dalla Loggia delle benedizioni Papa Leone era visibilmente emozionato, il sorriso non poteva nascondere l’intima commozione. Aveva una sola certezza, quella di essere l’umile Vicario di Cristo, ha scelto perciò di presentarsi con le parole che la sera di Pasqua Gesù ha consegnato agli apostoli ancora chiusi nel cenacolo: “Pace a voi”.

Queste parole non sono un semplice augurio, un vago auspicio e neppure una pia esortazione. Sono piuttosto la manifestazione di un dono, quel dono che, mediante la Chiesa, Dio continuamente riversa nella storia dell’umanità. Un dono che deve raggiungere tutti:

“Vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra: la pace sia con voi. Questa è la pace di Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante, proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”.

Prima di tradursi in un impegno instancabile, la pace è un dono da invocare e accogliere. La pace dell’umana società non è qualcosa che possiamo raggiungere con le nostre forze ma un dono che viene dal Cielo, come il Pane che ogni giorno nutre e fortifica la comunità cristiana. Un dono che deve trovare spazio anzitutto nel cuore di ogni uomo e nella famiglia, vero santuario della convivenza sociale. Un dono che deve poi manifestarsi nell’unità della comunità ecclesiale. E solo dopo, e come una conseguenza, potrà tradursi in un cammino comune nei diversi contesti dell’umana società e nei rapporti tra le Nazioni.

Alcuni commentatori ieri hanno subito precisato che il Papa dovrà affrontare molte sfide, in primo luogo la pace, la fratellanza universale e i poveri. Sono discorsi già sentiti, pieni di retorica e perciò vuoti. La Chiesa ha molto da dire e da dare in tutti gli ambiti dell’umana società ma la sua missione fondamentale è quella di ricordare al mondo che senza Dio tutto è perduto e con Dio tutto è possibile, anche quello che umanamente appare impossibile. È Dio il punto di partenza di quella fraternità universale che i discepoli di Cristo sono chiamati a costruire con pazienza insieme a tutti gli uomini di buona volontà. Tutto parte e riparte da Dio.

Prima di dire che il mondo ha bisogno della pace, occorre annunciare che ha bisogno di Cristo. Ed è proprio quello che ha detto Papa Leone: “Il mondo ha bisogno della sua luce, l’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore”. È questa la parola che lungo i secoli la Chiesa non si stanca di proclamare.

Con quella certezza che deriva dalla fede, Papa Leone ricorda e, al tempo stesso, annuncia che “il male non prevarrà”. Parole che hanno un particolare valore considerando che l’elezione è avvenuta nel giorno in cui da secoli la Chiesa celebra l’arcangelo san Michele, icona di quel combattimento contro il male che, piaccia o no, segna ogni epoca della storia. Il male fa paura e tante volte ci fa sentire impotenti e genera una strisciante rassegnazione. Il Papa invece ripete che il male non può prevalere perché “siamo tutti nelle mani di Dio”. Queste parole riecheggiano quelle che Gesù ha detto a Pietro: “Le potenze degli inferi non prevarranno” (Matteo 16,18). Abbiamo più che mai bisogno di sentire quest’annuncio in un tempo come il nostro in cui ombre sempre più pesanti di addensano e rischiano di soffocare la nostra fragile speranza.

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“Non abbiate paura”, disse Giovanni Paolo II all’inizio del suo ministero petrino. La stessa fede ora risplende nelle parole di Papa Leone: “Senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti”. Il coraggio nasce dalla fede, dalla certezza di essere discepoli di Cristo e di sapere che “Cristo ci precede”. Il Santo Padre invita i cristiani ad essere missionari e a proclamare il Vangelo di Cristo senza paura.

Un inizio semplice e solenne. Papa Leone parte dalla Pasqua, il primo giorno della nuova creazione. Quel giorno la parola del Risorto giunge come una carezza che consola e rianima una comunità smarrita e impaurita. Il primo giorno di un’avventura che, ne siamo certi, accompagna tutta la vicenda umana. Il Papa che ieri si è affacciato dalla Loggia della basilica vaticana è il “successore di Pietro”, come lui stesso si è definito. Uno che si inserisce nel solco di una storia bimillenaria. Quello che oggi inizia è un nuovo capitolo di quella missione che riveste di luce divina il cammino dei popoli. Una missione che avrà termine solo quando l’angelo suonerà l’ultima tromba. È questa la meta ultima. E difatti, Papa Leone ha detto: “Camminiamo insieme verso la patria che Dio ha preparato”.

Nei giorni scorsi abbiamo pregato perché lo Spirito donasse alla Chiesa un Pastore secondo il cuore di Dio. Ora dobbiamo pregare perché impariamo ad accogliere questo Papa come un dono di Dio, accoglierlo nella fede senza pretendere di misurare le sue parole e i suoi gesti a partire dalle nostre attese. Mettiamoci in ascolto di quello che Dio oggi vuole dire alla Chiesa attraverso il Pastore che Lui ha scelto.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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