CRISTO E LA CHIESA
Cristo e la Chiesa, lo sposo e la sposa. Perché solo gli uomini sono sacerdoti?

La Chiesa ha un Papa. Per noi cattolici, la gioia è immensa. Tuttavia, dobbiamo confrontarci anche con chi ci guarda “da fuori”. Vedere una schiera di cardinali in fila che entrano in una sala imponente, per decidere “da soli”, senza nessuna influenza femminile, il nuovo capo dell’intera Chiesa, può risultare per alcuni un’immagine anacronistica e maschilista. Quale ragione sappiamo offrire?
Tra i vari commenti che sono circolati nel web in questi giorni, prima dell’elezione di Leone XIV, ce n’è uno che si è presentato spesso: “Perché il capo della Chiesa deve essere soltanto un uomo, eletto da altri uomini?”.
Viviamo in un contesto sociale dove si sta cercando di riconoscere sempre di più il valore della donna in ogni ambito sociale. Vedere una schiera di cardinali in fila che entrano in una sala imponente, per decidere “da soli” il nuovo capo dell’intera Chiesa, può risultare per alcuni un’immagine anacronistica o maschilista.
Sappiamo che la Chiesa ammette al sacerdozio solo gli uomini (e i cardinali sono primariamente sacerdoti). Per noi cattolici è un dato di fatto, ma dobbiamo confrontarci con lo stupore o lo sdegno del mondo – soprattutto quello occidentale – di fronte a questo aspetto che non muta da duemila anni.
Quale ragione sappiamo offrire alle persone che ci guardano “dall’esterno” e che, forse, non conoscono le motivazioni dottrinali e teologiche?
Mentre riflettevo su questo interrogativo, mi sono domandata una cosa: chi si scandalizza se ad un “Addio al celibato” sono presenti solo uomini? La risposta che mi sono data è: nessuno.
I più giovani sanno benissimo cosa sia un “Addio al celibato”: è un evento tutto al maschile, in cui lo sposo si prepara per accogliere la sua sposa.
Ora, mi perdoneranno i lettori: non si può minimamente paragonare un conclave, che ha tra le mani, in un certo senso, il futuro della Chiesa, con un “Addio al celibato”, che è una semplice festa privata, tra l’altro vissuta – spesso – in maniera mondana e poco riflessiva. Ci sono anche addii al celibato cristiani (dove gli amici organizzano, ad esempio, un’adorazione eucaristica), ma di certo sono eccezioni, non la regola.
Ad ogni modo, il punto, qui, è un altro. Intendo dire che nessuno si scandalizza se ad un evento organizzato per lo sposo non è presente la sposa. O meglio, è presente, ma in un altro modo: attende, medita, si prepara per accogliere lo sposo, fa festa e si commuove quando si presenta.
Ora, si fatica a comprendere nel mondo odierno che Cristo – nella storia rappresentato dal suo vicario, cioè il papa – è lo sposo; mentre la Chiesa universale, che siamo tutti noi – il popolo di Dio – è la sposa.
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Ogni sacerdote è, in realtà, per la sua comunità “sposo”, come lo è stato Cristo, per la Chiesa.
Per comprendere meglio questa realtà, guardiamo al matrimonio naturale. Come danno origine ad una nuova vita l’uomo e la donna, che nell’atto generativo sono coinvolti sempre insieme?
La donna accoglie l’uomo in sé, l’uomo feconda la donna. È un dato biologico, è un fatto naturale. La donna custodisce e fa crescere dentro di sé quella vita.
Il sacerdote, a imitazione di Cristo e in persona Christi, che è il primo vero sacerdote, dona al popolo di Dio i sacramenti: cioè, feconda la Chiesa, sua sposa, con il germe della vita di Dio. La sposa accoglie quel dono, fa crescere la vita in sé, la condivide con il mondo.
La domanda del conclave è stata, doveva essere: chi dei “possibili sposi” è quello giusto per la “sposa Chiesa”?
I cardinali si sono misurati con le aspettative, le necessità, i bisogni della sposa e hanno cercato di capire chi vedessero tra loro come il più “pronto” a morire a sé stesso, a morire anche in croce, e dare la vita per lei. Inoltre: chi sarebbe più fecondo in comunione con la sposa-chiesa?
Potremmo dire che Dio ama così tanto la realtà del matrimonio, ci si rispecchia al punto che nella Chiesa ripropone lo stesso mistero di comunione che esiste tra i coniugi, chiamati a donare vita sinergicamente, ciascuno restando sé stesso, nella differenza che, però, diventa fruttuosa grazie all’unità.
Il Papa non servirebbe a nulla, sarebbe infecondo, se non fosse un altro Cristo e se non avesse una sposa da amare, per cui morire: la Chiesa, ovvero tutti noi.
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