Durante l’Angelus dell’11 maggio, al di là della profondità delle parole spese da Papa Leone XIV su temi centrali come la pace, i giovani e la festa della mamma, è stato un altro momento a colpirmi profondamente. Quel Regina Coeli intonato a cappella, non perfetto, non impeccabile, ma vero. Il Papa ci ha consegnato uno stile di preghiera: non consumato in fretta, non intimistico, ma solenne, comunitario, rivolto al Cielo. Una preghiera che non cerca l’effetto estetico, ma l’autenticità dell’invocazione. Un modo di pregare che è già comunione, già Chiesa.
È in questo clima che voglio soffermarmi su quel motto che accompagna il pontificato di Leone XIV: In illo uno unum – “In colui che è Uno, siamo uno”. Una formula che profuma di sant’Agostino, di una Chiesa che non si costruisce su adesioni sociologiche o su sentimenti effimeri, ma sull’essere radicati nell’unità del Cristo. È solo in Lui che le differenze si ricompongono, è solo in Lui che le membra formano un solo corpo.
Il motto non è nuovo. È lo stesso scelto da Leone XIV alla sua consacrazione episcopale. Questo è tutt’altro che un dettaglio: è un segno di fedeltà a una visione, a una teologia della comunione che accompagna il suo ministero sin dall’inizio. E ci dice che non siamo di fronte a un pontificato improvvisato, ma a una chiamata che ha maturato radici profonde, coerenza interiore, visione spirituale.
Il messaggio di unità è inscritto anche nello stemma. Nel settore superiore sinistro, su uno sfondo azzurro – colore tradizionalmente associato al cielo e alla trascendenza – campeggia un giglio bianco. È segno della purezza evangelica, ma anche della fecondità spirituale che nasce dall’abbandono fiducioso a Dio. Il riferimento alla Vergine Maria è evidente, ma non retorico. Maria, madre del Verbo, diventa qui figura della Chiesa che accoglie la Parola e la custodisce nel silenzio del cuore.
Il campo inferiore destro, su fondo chiaro, riporta un’immagine che parla direttamente dell’identità agostiniana del Papa: un cuore trafitto da una freccia, adagiato su un libro aperto. È un chiaro riferimento allo stemma dell’Ordine di Sant’Agostino, ma qui diventa anche una lettura personale e teologica della propria vocazione. Il cuore ferito allude all’episodio della conversione di Agostino, quando – leggendo la Scrittura nella quiete di un giardino – fu trafitto dalle parole dell’apostolo Paolo: “non nelle gozzoviglie e nell’ubriachezza… rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo” (Rm 13,13-14). Quella ferita non è dolore sterile, ma apertura alla grazia.
Il libro, simbolo della Parola di Dio, è il luogo in cui questa ferita si compie e guarisce. Nella scelta di questa immagine, Leone XIV racconta una fede non teorica, ma drammaticamente vissuta: una fede che attraversa il cuore, lo ferisce e lo trasforma. Non si tratta di uno stemma “identitario”, ma di un programma spirituale: solo lasciandosi ferire dalla Parola nasce la vera riforma della vita.
Sant’Agostino, nei Sermones, dice: “Nella misura in cui ciascuno si stringe a Cristo, tanto più si unisce agli altri che a Cristo si stringono”. Il motto del Papa riprende questa intuizione e la porta nel cuore della Chiesa universale. Non si tratta di fare uno sforzo umano per “andare d’accordo”, ma di lasciarci unificare in Colui che è Uno.
E allora torna quel Regina Coeli, semplice e solenne, cantato con l’emozione della voce ma con pienezza di spirito. È un’icona di questa Chiesa: non perfetta, ma tesa verso l’alto. Una Chiesa che trova nell’unità la sua forza e nella preghiera condivisa il suo respiro. Una Chiesa che ci invita non solo a cantare, ma a essere in illo uno unum.
Il Caffè sospeso...
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Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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