
CORRISPONDENZA FAMILIARE
“Amare di più”, in nome di Cristo. L’agenda di Papa Leone
19 Maggio 2025

U.S. Department of State, Public domain, da Wikimedia Commons
Un discorso atteso, quello di Leone XIV nel giorno in cui inizia il suo ministero sulla Cattedra di Pietro. I temi non mancano, tante le urgenze sociali che inquietano la coscienza, senza dimenticare i conflitti bellici che ogni giorno lasciano sul terreno un numero smisurato di vittime. E non solo in Ucraina o a Gaza. Il Papa sa bene quali e quanti sono i problemi che minacciano la convivenza umana e la pace tra i popoli. Siamo immersi in una crescente complessità, per usare un eufemismo, in cui la politica è sempre più tentata di usare la forza per imporre visioni unilaterali e ridefinire i confini geografici. Una situazione assai preoccupante. Nell’omelia non poteva mancare un riferimento a questa situazione, è solo un accenno, breve ma sostanzioso:
“In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri”.
E sa bene, il Papa, che il suo ministero gli consegna un’altissima responsabilità anche sul piano strettamente politico. Nel senso più nobile. Non gareggia con i potenti di questo mondo e non può contare su alcun potere militare o economico; ma, proprio per questo, la sua è una parola libera da interessi e perciò capace di difendere la dignità dell’uomo, sempre e comunque.
La presenza di 150 delegazioni straniere e le tante attese del mondo mediatico non hanno condizionato Papa Leone. Con quella libertà che viene dal Vangelo ha scelto di parlare alla comunità dei credenti per ricordare il compito fondamentale che il Signore Gesù ha affidato alla sua Chiesa. In primo luogo ha fatto riferimento al Conclave sottolineando “l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia”. Un passaggio che non dobbiamo considerare marginale o scontato perché ricorda a tutti che la Chiesa non è guidata da correnti di potere o ideologie ma dallo Spirito di Dio che armonizza le diverse sensibilità in modo che non restino discordanti ma diventino note di una stessa melodia. Tutto questo può avvenire solo se diamo spazio alla preghiera e coltiviamo un’interiore docilità all’opera che Dio instancabilmente compie nella Chiesa.
Leone XIV percepisce il suo ministero in primo luogo come servizio all’unità della Chiesa. Un tema che ritorna più volte nell’omelia: “vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia”. La Chiesa non ha bisogno di un “condottiero solitario”, un capo che guida con decisione, ponendosi al di sopra degli altri. Occorre invece imparare a camminare insieme perché siamo tutti, pastori e gregge, “pietre vive” di uno stesso edificio.
Quello che Papa Leone ha proposto come tema assolutamente prioritario non è uno dei tanti capitoli della vita ecclesiale ma quello che sta alla radice dell’esperienza di fede e della testimonianza che la Chiesa è chiamata a dare. Non solo è questione essenziale ma è particolarmente urgente perché, inutile nasconderlo, gli anni del pontificato di Francesco sono stati segnati da una crescente contrapposizione all’interno del mondo cattolico. Un conflitto che ha innalzato muri di incomprensione anche da parte di coloro che non si stancavano di predicare l’urgenza di costruire ponti.
Quel dialogo, tante volte invocato e cercato con tutti gli altri, quelli che non si riconoscono nella Chiesa cattolica, si è affievolito proprio all’interno della comunità ecclesiale. Pronti a parlare con tutti ma non con i fratelli che professano la stessa fede. Ci siamo abituati a leggere le vicende ecclesiali con lo schema divisivo della politica che sa vedere solo conservatori e progressisti. Intendendo per progressisti quelli che abbracciavano, in tutto o in parte, l’agenda culturale del mondo occidentale.
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È tempo di ricucire i rapporti, ritrovare la gioia di incontrarsi senza nascondere le inevitabili diversità ma senza perdere di vista la necessaria unità. Le diverse sensibilità sono necessarie ma non devono fare della Chiesa un arcipelago di isole gelose della propria autonomia, come accade da troppo tempo. Il Papa ha ribadito che siamo tutti chiamati, ciascuno per la sua parte, “a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità”. L’unità non va confusa con l’uniformità ma è necessario che sui punti qualificanti della dottrina la Chiesa parli con la stessa voce.
Solo una Chiesa che vive e testimonia la comunione può diventare fermento di unità in un mondo in cui troppo spesso la divisione genera conflitti. Con immagini tratte dal Vangelo, il Papa invita a fare della Chiesa “un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità”. L’aggettivo piccolo è quanto mai prezioso in un tempo in cui tutti fanno a gara a mostrare muscoli. Malgrado i numeri, un miliardo e 400 milioni di cattolici sparsi nel mondo, e malgrado la straordinaria vitalità sociale e culturale del cattolicesimo, siamo e restiamo un “piccolo gregge”, per usare ancora le parole di Gesù (Luca 12,32).
La comunione ecclesiale non si realizza attorno ad un progetto comune, per quanto nobile possa essere sul piano morale e spirituale. Si realizza attorno a Gesù Cristo. È questo l’annuncio che risplende a chiare lettere nel motto che Papa Leone ha voluto ricordare ieri: “nell’unico Cristo noi siamo uno”. Un motto che ha scelto quando era ancora vescovo e che ora appare come una luce che rischiara il suo ministero sulla Cattedra di Pietro.
Si riparte da Cristo, non da progetti umani. È Lui la sorgente e il modello di quella Chiesa che fa della carità la sua unica e vera forza. È Lui che dobbiamo annunciare a tutti, come ribadisce il Papa: “Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola!”. È questo il primo annuncio, anzi è l’unico annuncio perché tutto il resto è solo una conseguenza. Chi riconosce e accoglie Gesù, ritrova sé stesso.
Leone XIV è un uomo che, grazie al suo particolare curriculum vitae, conosce la complessità della storia: nato e cresciuto negli Stati Uniti, ha studiato matematica negli USA e Diritto canonico in Italia, missionario in America Latina, per lunghi anni Priore generale di un Ordine presente in tutti i continenti. Il compito che lo attende è particolarmente arduo ma l’intima e manifesta commozione che ha provato quando gli è stato consegnato l’Anello del pescatore, rivela ancora una volta la consapevolezza di non poter affrontare questo ministero senza la grazia di Dio e il sostegno dei fedeli, di tutti i battezzati. In fondo è questo l’annuncio che la Chiesa deve continuare a donare: la storia personale e collettiva è nelle mani di Dio. A Lui affidiamo Papa Leone perché sia, come lui stesso ha detto, un semplice servitore della fede e della gioia.
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