Mario Delpini, arcivescovo di Milano dal 2017, è sacerdote da cinquant’anni. Una vita spesa nella Chiesa ambrosiana con discrezione, rigore e umanità. Il 2025, esattamente il 7 giugno, segna il suo giubileo sacerdotale, ma lui ha scelto di celebrarlo in modo tutt’altro che autoreferenziale: ordinando undici nuovi preti. Non una commemorazione del passato, ma un atto di speranza verso il futuro. Una scelta che mi è piaciuta molto.
Nel Duomo, gremito, le sue parole hanno disegnato un orizzonte. “Si fanno avanti e dicono: fatevi avanti anche voi!”, ha proclamato. Quei giovani uomini, inginocchiati davanti all’altare, si sono alzati nella Chiesa, non come risposta al prestigio, ma come servitori della speranza, in un tempo segnato dal disincanto, dal calo delle vocazioni, da una cultura che vuole la Chiesa sempre più incisiva.
Mentre “imperversa la retorica del declino… della Chiesa, dell’Occidente, dell’umanità” ha detto Delpini, loro si sono fatti avanti. Mentre molti sentono la missione come impossibile, loro si offrono. In un clima in cui la vita stessa sembra poco desiderabile, si presentano per annunciare la gioia di vivere, “di dare vita, di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo”. I nuovi sacerdoti – ha aggiunto – “non sono ingenui che si fanno avanti in un momento di entusiasmo: sono uomini che si sono messi in dialogo con la Chiesa che li ha generati e che si sono consegnati con fiducia, nel cammino di discernimento, agli educatori li hanno accompagnati”.
E anche Delpini, da uomo che ha attraversato cinquant’anni di storia ecclesiale, si fa avanti. Non per ricevere applausi, ma per rilanciare la missione. Per dire che la Chiesa c’è, è viva, è ancora grembo di vocazioni. Ha citato Paolo: “Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta”. E ha ricordato la sproporzione: undici preti per una diocesi immensa. Ma non conta il numero, conta la consacrazione, conta il desiderio di dare tutto, tutto il poco della propria vita.
“Consacrali nella verità”: è la preghiera di Gesù al Padre. È anche la preghiera di Delpini per questi giovani. E forse, segretamente, è la preghiera che accompagna anche il suo stesso cammino, ogni giorno, da cinquant’anni. Guardando a questi undici nuovi preti e al loro vescovo giubilare, ci sentiamo chiamati tutti in causa: a credere ancora, a sperare di nuovo, a camminare insieme. Perché non c’è età in cui non si possa dire “eccomi”. E non c’è Chiesa viva senza qualcuno che, fragile e gioioso, dica con la propria vita: “Fatevi avanti anche voi!”.
Anche papa Leone ha voluto omaggiare l’arcivescovo metropolita di Milano con un messaggio accorato: “con un ministero costante e sapiente egli si è speso totalmente per Cristo e per il bene della Chiesa, prendendosi cura con carità del popolo di Dio, nutrendolo con la parola e gli scritti, sostenendolo con i sacramenti, seguendo gli esempi dei santi Padri”. In fondo è questo che viene chiesto ad un sacerdote: spendersi totalmente per Cristo e per la Chiesa. Una sintesi che racchiude il cuore del ministero di un vescovo e di undici nuovi preti.
Il Caffè sospeso...
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Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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