GAZA
Si trova a Milano Adam, il bambino di Gaza, unico sopravvissuto di dieci fratelli

Stefano Stabile, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons
Adam è l’unico dei dieci fratellini sopravvissuti nel bombardamento israeliano a Gaza, che ha distrutto la casa della pediatra Alaa, uccidendo nove figli e, dopo alcune ore di agonia, anche il marito. Il bambino, di undici anni, sopravvissuto ma ferito, è arrivato il 12 giugno presso l’ospedale Niguarda di Milano insieme ad altri bambini bisognosi di cure suoi compaesani. La madre si fa forza per lui e crede che gli altri suoi figli siano in Paradiso.
Nel loro Paese non avrebbero trovato cure adeguate, Adam e gli altri bambini di Gaza che stanno ricevendo assistenza a Milano, all’ospedale Niguarda. Nelle loro strade, tra le case distrutte, la guerra imperversa e le condizioni della popolazione sono sempre più critiche.
È fuori pericolo, Adam, e la mamma, Alaa, unica rimasta della famiglia insieme a lui, ha dichiarato che il figlio sta meglio, è fuori pericolo.
Il piccolo sa della morte dei suoi fratelli e di suo padre, la madre ha dovuto dirglielo. Prima di venire in Italia, la pediatra aveva dichiarato in una telefonata al Corriere della Sera: “È durissima. Cerco di non fargli pensare a come è diventata la nostra vita. Giochiamo il più possibile. In ospedale ha un tablet e dei colori. Anche i miei nipoti vengono a trovarlo. L’unica cosa che lo fa sorridere è l’idea di venire in Italia”.
Il bambino, di undici anni, è venuto in Italia per fare un intervento per la ricostruzione di alcune ossa del braccio sinistro e di alcuni nervi: “Nella Striscia non c’è nessun ospedale dove si possa affrontare un’operazione del genere”, aveva fatto sapere la mamma.
Alaa, musulmana, si è affidata a Dio, secondo la sua fede. E spiega: “Quello che ci è successo è così enorme che l’unica soluzione è pensare che ci sia un disegno più grande. Ma non scrivete di me come una madre eroica, sono una mamma come tante altre qui, senza più niente. Questo è il mio destino ed è il destino di troppe persone a Gaza. La mia è una storia terribile, ma comune. Non dimenticate gli altri”.
Mostra compassione per tutta la sua popolazione e riesce ad affermare di non essere “arrabbiata”: “Non lo sono. Provo dolore, ma non rabbia. Sono grata a tutti coloro che denunciano la devastazione che viviamo, e sono triste per quelle persone senza umanità che accettano tutto questo male. Quando cado nella disperazione mi dico che i miei bambini almeno sono in un posto migliore di Gaza. Di sicuro sono finiti in paradiso”.
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Davanti al dolore di questa famiglia e a tante situazioni di orrore che gridano giustizia, i potenti continuano a pensare ai loro interessi, ai compromessi. Ci sono alleanze da rispettare, accordi, equilibri. E intanto i bambini, gli anziani, i civili inermi muoiono. No, non sotto il silenzio del mondo: molte popolazioni – compresa in gran parte quella di Israele – non vogliono questa crudeltà.
Sono i potenti, che effettivamente potrebbero fermare l’orrore (a partire dalle sanzioni e dallo stop dello stop allo smercio di armi), a chiudere gli occhi. Dicono che la realtà è complicata, quando ad essere complicato è solo l’uomo col suo egoismo.
Mentre il male sembra trionfare, per mano dei violenti, tanti si stanno attrezzando, in vario modo, per raggiungere Gaza, per fare la loro parte da civili, infilando tute antiproiettili, rischiando la vita solo per portare del cibo, dell’acqua.
Da ogni parte del mondo c’è mobilitazione per fermare il massacro, per portare aiuto, purtroppo con tante difficoltà, per via dei blocchi, imposti da Israele, per gli aiuti umanitari.
Si muore di fame o sotto le bombe, si assiste impotenti alla morte di un proprio caro. Si vive nei tormenti, come in trappola, senza aver fatto nulla di male. Se qualcuno volesse provare a fare un identikit del male, potrebbe analizzare il modo in cui il male agisce a Gaza. Tanti la definiscono, infatti, “l’inferno sulla terra”.
E proprio perché riconosciamo l’inferno siamo capaci di riconoscere, per contrasto, il Regno dei Cieli.
Una nota preghiera di san Francesco recita:
Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace;
dove è odio, fa’ che io porti l’amore;
dove è offesa, che io porti il perdono;
dove è discordia, che io porti l’unione;
dove è dubbio, che io porti la fede;
dove è errore, che io porti la verità;
dove è disperazione, che io porti la speranza;
dove è tristezza, che io porti la gioia;
dove sono le tenebre, che io porti la luce.
O Maestro, fa’ che io non cerchi tanto
ad essere consolato, quanto a consolare;
ad essere compreso, quanto a comprendere;
ad essere amato, quanto ad amare.
Perché è dando che si riceve,
è perdonando che si è perdonati,
è morendo che si risuscita a vita eterna.
Il Paradiso è qui sulla Terra ogni volta che qualcuno incarna questa preghiera.
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