Crisi coniugale

Se l’amica si lamenta sempre del marito. Cinque consigli dal Vangelo

Ognuna di noi avrà quella conoscente o quell’ amica con dei problemi matrimoniali che, invece di affrontarli e risolverli con il coniuge, coglie o crea occasioni per sfogare la frustrazione attraverso la maldicenza e il disprezzo, ovviamente quando lui non è presente. Se siamo prese come valvola di sfogo in questi casi, come comportarci, per essere di aiuto alla coppia o alla persona che si lamenta, invece di peggiorare la situazione? Offriamo cinque spunti dal Vangelo.

1. Dio sia centrale nelle nostre relazioni 

Per prima cosa, se siamo cristiane, il nostro metro di giudizio e la mappa da seguire è il Vangelo. Può sembrare banale, ma non lo è: davanti ai piccoli o grandi dilemmi della vita, sappiamo chiederci come si comporterebbe Gesù? Sappiamo invocare la sua presenza, per essere piccole luci nelle situazioni di ogni giorno e quindi anche nelle amicizie? Ecco, un primo suggerimento: coinvolgere Gesù, pregare perché possiamo agire in comunione con Lui. Non è un pensiero personale di chi vi scrive, fa parte del comandamento nuovo dato da Cristo stesso: “Senza di me non potete fare nulla” (Giovanni 15,5).

2. Cercare e chiedere chiarezza

Occorre ricordare che situazioni diverse implicano discernimento e scelte diverse. Se un’amica confida di essere picchiata o tradita dal marito non è lo stesso che se lo umilia perché non ha buttato la spazzatura nei tempi da lei stabiliti. Se siamo vere amiche, cerchiamo di capire la situazione e chiediamo alla persona che ci sta coinvolgendo cosa possiamo fare per lei. Sarà un modo per metterla di fronte al fatto che non deve subire la vita, ma intervenire, e noi siamo disposte ad aiutare a patto che ci sia vero desiderio di ricevere aiuto. La lamentela, senza volontà di azione, nel lungo termine è inutile. “Il vostro parlare sia sì sì, no no” (Matteo 5,37): semplice, schietto, con una finalità. Infatti, prosegue Gesù: “Il di più viene dal maligno” (Matteo 5,37). Cristo ci invita alla sobrietà nelle parole, che devono essere efficaci e funzionali al bene. Unirsi alle chiacchiere senza che vi sia uno scopo e una ricerca di soluzione danneggia noi e la coppia in crisi.

3. Il detto delle due campane è sempre valido: ascoltiamo con umiltà

Quando si viene coinvolti in un litigio, è bene ascoltare il più possibile entrambi i coniugi, magari anche favorendo un confronto tra coppie. Il punto di vista maschile e quello femminile sono molto differenti e spesso le incomprensioni nascono dalla scarsa conoscenza. Uomo e donna parlano due lingue diverse, affrontano la realtà da angolature differenti. Chesterton diceva, scherzando, che sono “incompatibili” per natura. Occorre un lavoro per fare diventare quelle differenze una ricchezza. Da esterni, cerchiamo di porre l’accento sulla traduzione di queste due lingue, invece di fomentare una delle due visioni. È molto probabile che entrambi abbiano le loro ragioni, ma ciascuno sia arroccato nella propria posizione. Aiutiamo i membri della coppia ad acquisire ciascuno l’umiltà necessaria per mettersi in ascolto dell’altro. Cerchiamo di essere super partes, se possibile. Cerchiamo di metterci al servizio della coppia, con umiltà (Giovani, 13).

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4. Suggerire libri o percorsi di coppia

Oggi esistono molti strumenti per riabilitare coppie in crisi: libri, percorsi, catechesi: pensiamo all’esperienza di “Retrouvaille”, “La casa sulla roccia”, i gruppi di sposi e di famiglie in parrocchia, “Scuola Nuziale”. Di fronte alla lamentela, chiediamo se c’è interesse ad affrontare la problematica direttamente con il coniuge e a farsi aiutare da persone esperte su problematiche di coppia, con una prospettiva di fede. “Io sono la via la verità la vita” (Giovanni 14,6), dice Gesù. Questi coniugi hanno il diritto di sapere che una strada esiste e che è già tracciata in Cristo.

5. Favorire la cura di sé stesse e della propria fede

E se il marito sta sbagliando effettivamente tanto? E se non è umile per mettersi in discussione e iniziare un cammino? Consigliamo alla nostra amica di iniziare lei un cammino. Non si tratta di assecondare il paradosso per cui è “la persona sana” a doversi fare curare per “colpa di quella malata”, si tratta di cercare la pace interiore indipendentemente da quello che fa l’altro. Può scegliere di mettersi in un cammino che le doni consapevolezze e sarà sempre più fruttuoso che lamentarsi senza cambiare nulla. “E voi chi dite che io sia?” (Mt16,15), domanda Gesù ai suoi discepoli. Può darsi che altri, compreso il proprio marito, non vogliano camminare verso Cristo. Questo non impedisce a ciascuno di rispondere in prima persona a quella domanda carica di significato che può svoltare la vita.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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