CORRISPONDENZA FAMILIARE

Santa invidia. Quando vedremo una politica per la vita?

30 Giugno 2025

Stando al vocabolario invidia è sinonimo di astio, rancore o rabbia nei confronti di qualcuno. Questa definizione si muove nel solco della tradizione spirituale. A giudizio di Sant’Agostino l’invidioso è colui che “prova risentimento della felicità altrui” (Discorsi 353, 1). L’invidia fa parte dei vizi capitali. Tutto vero. Sottoscrivo ogni parola. E tuttavia, l’altro giorno, vedendo le immagini del pride di Budapest con il corredo di tanti parlamentari, pronti a tutto pur di difendere la causa… ho provato una santa invidia. 

Sì, esiste anche una santa invidia. In fondo, tra i passaggi che hanno contribuito alla sua conversione, sant’Agostino pone anche la testimonianza di tanti cristiani – “fanciulli e fanciulle in gran numero, moltitudini di giovani e gente d’ogni età” – che avevano scelto la continenza. Il loro esempio lo stimolava e lo incoraggiava a fare quelle scelte che non aveva ancora il coraggio di fare. Una voce intima gli diceva: “Non potrai fare anche tu ciò che fecero questi giovani, queste donne?” (Confessioni, 8,27). Si dirà che questa non è invidia, è piuttosto quel sentimento di emulazione che nasce dall’ammirazione. Chiamatela come vi pare. 

Se possibile, per quanto è possibile, mettiamo da parte la veste politica e soffermiamoci semplicemente sul fatto che quei parlamentari hanno deciso di scendere in campo per affermare quello che ritengono un diritto inalienabile. Hanno agito in coscienza, in perfetta coerenza con il credo ideologico che hanno abbracciato e fa parte della loro proposta politica. Intendiamoci, non hanno rischiato nulla. E lo sapevano. Sarebbe molto più coraggioso andare a Istanbul il giorno dopo per manifestare la stessa solidarietà al popolo LGBT di quel grande Paese. Ma, come diceva saggiamente il buon don Abbondio: “il coraggio uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare?”. 

In ogni caso, tanti nostri parlamentari erano lì, a difendere ciò che per loro è una giusta causa. Hanno fatto bene. A mio parere la coerenza politica è sempre preferibile all’ipocrisia di chi dice e non dice, parla di tutto ma non si espone mai, preferisce stare sul carro dei vincitori piuttosto che pagare il prezzo per le proprie idee. 

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Mi chiedo allora dove sono i politici cattolici o, se volete, i cattolici impegnati in politica. Con questa dizione non intendo coloro che hanno ricevuto il battesimo e recitano il Credo durante la Messa domenicale. Mi riferisco piuttosto a quelle persone che hanno il desiderio di portare nella vita politica e legislativa quello che Maritain chiamava “umanesimo integrale”, distinguendolo chiaramente dall’umanesimo ateo e dall’umanesimo antropocentrico. Tutti hanno a cuore la causa dell’uomo ma non tutti hanno la stessa visione antropologica. Per questo, oggi abbiamo più che mai bisogno di cattolici che, in coerenza con la loro cultura politica, si fanno portatori di quei valori che custodiscono e promuovono la dignità dell’uomo. 

Qualche giorno fa il Parlamento inglese ha approvato un emendamento che depenalizza l’aborto. Sia chiaro, in questo ambito l’Inghilterra è all’avanguardia, in questo Paese è già possibile abortire fino al sesto mese, ben oltre il limite che la medicina indica come soglia di sopravvivenza. Con questa modifica, in pratica sarà possibile abortire fino al nono mese senza alcuna conseguenza penale. Una cosa orribile passata sotto silenzio. L’aborto è diventato così normale da non fare più notizia. Commenti dai politici cattolici? Non pervenuti. Viene il dubbio che forse non ci sono politici che si ritengono cattolici. Oppure, il che è peggio, non ci sono politici cattolici che sentono l’intima necessità di difendere la causa della vita. 

Eppure sul fatto che questo sia uno dei capitoli dell’umanesimo integrale non dovrebbero esserci dubbi. Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco… non c’è Pontefice che non abbia parlato chiaramente dell’aborto come di un crimine odioso. Lo ha fatto anche Papa Leone: 

“A volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere” (1° giugno 2025). 

A buon intenditor, poche parole, dice un proverbio. Ma un altro proverbio ricorda saggiamente che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. 

Lo so, ci sono tante altre questioni, altrettanto e forse anche più urgenti. Il tema della pace, ad esempio. Ma questa obiezione vale anche per il pride ungherese. Non era affatto urgente eppure sono andati, hanno dato un segnale, hanno ribadito un’idea. Perché mai i cattolici dovrebbero mettere da parte l’impegno per la vita, perché dovrebbero rinunciare a quei valori che fanno parte della loro cultura umanistica? La risposta è più semplice di quello che si pensa: forse non ci credono più o non sono più disposti ad assumere posizioni che contrastano con il potere mediatico. 

Qualche giorno fa abbiamo celebrato la memoria di Tommaso Moro che Giovanni Paolo II ha proclamato patrono dei politici. Testimonianza esemplare di un uomo che ha preferito la morte pur di non rinnegare la fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Ai cattolici impegnati in politica non chiediamo il martirio ma il coraggio di promuovere quell’umanesimo integrale che non segue le mode e non teme di andare controcorrente, per amore della verità. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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