PASTORALE FAMILIARE
Quando in un matrimonio si dice: “Io non sento più niente”. La parola a un vescovo

Mons. Gerardo Rocconi è vescovo emerito della Diocesi di Jesi (AN). Ha lavorato molto con gli sposi e per gli sposi. Ancora oggi che ha lasciato il ministero episcopale per raggiunti limiti di età, continua ad operare a favore delle famiglie. Abbiamo raccolto alcune perle preziose che consegniamo ai nostri lettori sulla pastorale familiare.
Se parliamo di famiglia, quali sono le difficoltà principali che lei vede?
Il problema principale che vedo io, personalmente, è questo: tante famiglie entrano in crisi e la crisi si manifesta con una mancanza di dialogo.
Però il discorso è precedente. Un ritornello che sento spesso è che le donne si sentono trascurate. Da qui cominciano le difficoltà: queste donne trascurate a loro volta diventano dure e nascono i tradimenti.
Molte volte, poi, non ci sono nemmeno tradimenti. C’è semplicemente una distanza, non si sta più bene insieme. Per cui, si crea una pesantezza tale da arrivare a dire: “Io non sento più niente”. Questo “non sentire” è la conseguenza di una fatica che c’è stata.
Secondo lei, che soluzioni ci sono a simili problemi?
Prima di tutto occorre che le persone siano desiderose di ricominciare. Quando le coppie comprendono il male, quando ciascuno capisce la sua parte di responsabilità, ed entrambi cominciano a far dei passi, i problemi piano piano si risolvono…
Però io penso che dovremmo proprio prevenire. Il cammino comincia da lontano, comincia da bambini, dall’adolescenza.
Forse dico una banalità, o risulterò esagerato, ma ho l’impressione che a volte i giovani non sappiano proprio cosa significhi amare. Questo è quello che vedo io, non sono un professionista, sono solo un pastore che si trova a parlare con tanta gente.
Anche là dove si cerca di far andare bene le cose, comunque emergono questi problemi, questa fatica.
Il problema, quindi, va risolto da lontano, diceva…
Io credo che la Chiesa abbia intuito quello che sto dicendo. Lo ha capito prima di me, ci mancherebbe. È appena uscito un progetto per la formazione alla vita famigliare che ha diverse fasi.
La prima fase è l’educazione dei bambini, nella prospettiva della famiglia. Se manca l’elemento umano, la grazia di Dio dove si aggancia? Non basta che diciamo a queste famiglie in difficoltà: “Prega di più e hai risolto”.
Pregare è importantissimo, ma non basta. Non perché la grazia di Dio non è capace di far tutto, ma perché normalmente Dio non risolve “tutto da solo”: dona il suo aiuto, però ha bisogno che noi offriamo la materia prima.
Non possiamo pretendere che Dio in ogni situazione faccia il miracolo, senza mettere noi la nostra parte.
Poi ci sono le situazioni limite, problemi economici, malattie, preoccupazioni di vario tipo… tutto questo può esasperare la famiglia: se il dialogo mancava in partenza, figuriamoci quando tutto diventa più difficile.
Spesso mi trovo a dire a famiglie con difficoltà che è necessario fare lo sforzo di portare i pesi insieme. Bisogna ricordare agli sposi che sono chiamati ad allearsi davanti alla sofferenza. Pensiamo al caso di un figlio malato, purtroppo, spesso i genitori vivono questa prova in maniera atroce e ciascuno per conto proprio. Se si vive il dolore disuniti, tutto diventa più grave.
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Dalle sue parole sembra che siamo ancora un po’ impreparati, come Chiesa…
Sì, siamo molto impreparati a far fronte alle necessità delle famiglie.
Innanzitutto, non è solo un problema della Chiesa. Riguarda la società in genere. Ci sono anche molte teorie strane che non aiutano, che ci allontanano ulteriormente da quello che è il piano di Dio sull’Uomo e sulla Donna, sulla famiglia.
La Chiesa cosa può fare? Mettere in programma un percorso di educazione all’affettività, nel seguire i ragazzi. Questo è fondamentale. Però è evidente: la famiglia è tartassata.
Posso dirlo? Mi sembra che ci sia proprio un piano diabolico contro la famiglia.
Non mi permetterei mai di condannare i giovani, da pastore nutro profonda tenerezza per loro. Mi addolora vedere quando, ad esempio, riducono lo stare insieme ad una persona all’esercizio della sessualità.
Queste relazioni che durano un giorno: a chi fanno bene? A nessuno. Tutto questo distrugge la famiglia. Però, degli aspetti positivi ci sono…
Quali?
Le persone spesso avvertono il desiderio di un qualcosa di più.
Ai corsi per fidanzati arrivano coppie che magari convivono da anni, che stanno insieme da tanto, hanno dei figli… magari sono pure sposati civilmente e tu chiedi loro: “Perché adesso vi sposate? Cosa vi aggiunge il matrimonio in Chiesa?”, e loro ti dicono: “Abbiamo raggiunto la consapevolezza che manca qualcosa di importante, c’è da dare un significato nuovo al nostro matrimonio”.
Questo allarga il cuore: qualcuno arriva a vedersi in un progetto di Dio. E quando è così, queste coppie vivono il matrimonio con una gioia grande, hanno capito che non sono soli nel cammino.
Sappiamo che lei esercita il ministero di esorcista, segue molte persone e anche tante coppie. Può dirci qualcosa su come il demonio attacca l’intimità degli sposi?
Io ho notato questo: il maligno ha sempre lo stesso scopo, lui vuole distruggere il matrimonio. Vuole distruggere tutto, cominciando dalla personalità.
Anche quando la persona è libera, specialmente se il tempo del disturbo è stato lungo, si esce a pezzi e si ha bisogno di molto aiuto per riprendere in mano la propria vita.
Per quanto riguarda la famiglia, quando uno dei due coniugi è attaccato direttamente dal demonio, anche l’altro è attaccato indirettamente.
Certamente ci sono dei segni specifici del disturbo malefico e magari questi segni si riscontrano in uno solo dei coniugi, ma anche l’altro è attaccato. Sempre. È attaccata la famiglia. E tutti gli aspetti dello stare insieme sono disturbati.
Si entra in una solitudine, si entra in una stanchezza e la vita intima è la prima ad essere disturbata. I coniugi vivono nell’incapacità, pur volendosi bene, di unirsi: c’è un’incapacità, con tutto quello che comporta.
Magari ad essere disturbata è lei, la moglie, che ha reazioni particolari appena il marito si avvicina, e lui è stanco, non regge, non ne può più ed è tentato a sua volta di ricorrere ad altre situazioni.
È una fatica di entrambi. In questi casi è fondamentale la preghiera di entrambi. Alcune coppie lo testimoniano: è fondamentale la preghiera, ripetere le promesse matrimoniali, chiedere a Dio aiuto per vivere l’intimità. C’è sicuramente anche una componente umana: è importante molto voler riprendere in mano la propria vita.
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