C’è un gesto che ogni madre conosce: affidare. Lo si fa in silenzio, nel cuore, quando non si hanno più mani per proteggere, ma resta la fede per consegnare. Lo si fa, spesso, all’inizio di un viaggio, come è accaduto anche a noi nel 2018, quando nostro figlio Luca è partito per Torino per studiare Ingegneria al Politecnico. Non era un semplice trasloco o una scelta di studio. Era l’inizio di un cammino di libertà e responsabilità. In quel momento, ho sentito che non poteva bastare la mia vigilanza. Avevo bisogno di un compagno di strada per lui, qualcuno che avesse camminato in quelle stesse strade, frequentato quelle aule, amato quei poveri e servito Dio con la sua giovinezza. E così lo affidai, nel silenzio della preghiera, a Pier Giorgio Frassati, in ginocchio davanti alla sua tomba nel Duomo di Torino.
Fu un gesto semplice, ma non banale. Un atto di fiducia, quasi una consegna: la mia maternità terrena si alleava con la paternità spirituale di un giovane beato. Negli anni, quel legame si è fatto profondo. Luca ha scelto, per il suo percorso di laurea magistrale, di specializzarsi in tunnelling, la moderna ingegneria mineraria. Lo stesso ambito di studi intrapreso da Pier Giorgio quasi un secolo fa. Un dettaglio, certo. Ma nei dettagli, a volte, si nasconde la Provvidenza. Come se le voci di due giovani — tanto lontani nel tempo, tanto vicini nel cuore — si richiamassero l’un l’altro da quella galleria invisibile che tanto ha affascinato entrambi. Nel luglio del 2024, quando Luca ha conseguito la laurea, è giunta, quasi nello stesso respiro, la notizia della canonizzazione imminente di Frassati. Non l’ho vissuta come una coincidenza. L’ho sentita come un sigillo, come una risposta d’amore. Era come se la Chiesa intera, attraverso quella proclamazione, rendesse onore a una santità che io avevo già umilmente e timidamente intuito nel quotidiano. E non solo io, è chiaro. Una santità che non ha paura di sporcarsi le mani, di salire sulle montagne o scendere nelle viscere della terra.
Scrivere un libro su Pier Giorgio è diventato, allora, un gesto di riconoscenza. Ma anche di speranza. E l’ho fatto soprattutto grazie all’energia e allo slancio di Paola, una giovane fidanzata in cammino e di Cecilia, una giovane sposa. E questo è stato per me molto arricchente e decisamente interessante. Ad essere sincera, non ho mai creduto alla retorica dei giovani “smarriti” o “perduti”. I giovani, oggi, sono spesso in attesa di qualcuno che li chiami per nome, che mostri loro una vetta da raggiungere. Non cercano mediocrità: desiderano profondità, verità, bellezza. Frassati, con la sua vita e le sue scelte, li riguarda da vicino. È un giovane che non ha avuto paura di rischiare tutto per Dio, come scriveva Thomas Merton ne La Montagna, quando parlava della santità come dell’unica vera avventura umana.
Ecco perché oggi non possiamo proporre ai ragazzi un cristianesimo annacquato, tiepido, senz’anima. Serve una pastorale del coraggio. Serve restituire loro il diritto di sognare in grande, di desiderare la santità non come eccezione, ma come vocazione possibile. Serve offrire loro modelli veri, come Pier Giorgio. Perché i santi — quelli autentici — hanno un potere: risvegliano in chi li incontra la sete di Dio. Quel giorno della laurea di mio figlio, andammo subito al Duomo, poggiai la corona di alloro sulla sua tomba e credo di aver versato alcune lacrime materne mentre pregavo il buon Dio di poterlo vedere presto canonizzato per mostrare a tanti giovani la bellezza di amare e seguire Cristo. Non dico che il buon Dio ha esaudito le lacrime di una madre solo tre mesi dopo perché il suo processo era ben avviato ma posso senz’altro dire che chi si affida a Lui senza paura può esclamare: “egli rende i miei piedi come quelli delle cerve e sulle alture mi fa camminare”.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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