Ci sono giorni in cui il cuore è pesante e le parole sembrano non bastare. La lettura del Rapporto UNICEF 2025 sulla violenza contro i bambini nel mondo è una di quelle notizie che non puoi semplicemente archiviare con un titolo: ti rimane addosso, come polvere di guerra. Oggi, secondo l’UNICEF, oltre 468 milioni di bambini vivono in zone di conflitto. Ogni ora, otto bambini vengono uccisi o mutilati. Non da incidenti, ma da bombe, armi leggere, mine, assedi. In Ucraina, in Palestina, in Sudan, nello Yemen, in Etiopia, in Afghanistan… i bambini non sono più “vittime collaterali”. Sono bersagli. Sono scudi. Sono carne da propaganda o silenzio.
Prima non si toccavano i bambini, le donne e i corridoi umanitari. Oggi non si guarda più in faccia nessuno. A richiamarci a una presa di coscienza coraggiosa è anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme per la situazione a Gaza. Il 23 giugno, commentando l’escalation in Medio Oriente, ha dichiarato: “Siamo risucchiati dentro una spirale di violenza sempre maggiore… il potere dell’inganno e della menzogna ci accecano”. Spirale, inganno, menzogna: parole che fotografano un contesto in cui la guerra non è solo battaglia sul terreno, ma guerra alle coscienze. E in questo contesto, i bambini diventano vittime silenziose, spinti dentro dinamiche che superano i confini dell’orrore.
In questo paesaggio devastato, arriva la voce limpida e partecipe di chi ha scelto di non tacere. Con uno sguardo che non smette di cercare tracce di bene anche tra le macerie, Papa Leone, il 2 luglio scorso, ha detto ai vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina: «Certamente, nell’attuale contesto storico non è facile parlare di speranza a voi e al popolo affidato alla vostra cura pastorale. Non è facile trovare parole di consolazione per le famiglie che hanno perso i propri cari in questa guerra insensata. Immagino lo sia anche per voi, che siete in contatto ogni giorno con le persone ferite nel cuore e nella carne. Malgrado questo, ricevo tante testimonianze di fede e di speranza da parte di uomini e donne del vostro popolo. Questo è segno della forza di Dio che si manifesta in mezzo alle macerie della distruzione».
È vero. Anche nel buio più fitto, esistono bagliori di dignità e di fede. Le mani dei volontari che salvano i bambini dai campi minati. Le madri che, sotto le tende, insegnano ancora a scrivere. I bambini che disegnano la pace con i gessetti, là dove il cemento è ancora caldo di esplosioni. Ne dobbiamo parlare, per chi resta senza voce e senza futuro. Per quei milioni di bambini che oggi non hanno accesso alla scuola, all’assistenza medica, né alla protezione più basilare. Per chi cresce senza conoscere altro che il suono delle sirene, il buio dei rifugi e il trauma della perdita. Non si tratta più di emergenze temporanee, ma di un’emorragia costante di diritti fondamentali. E non possiamo permettere che l’abitudine anestetizzi la coscienza.
Il rapporto UNICEF ci consegna dati, ma soprattutto responsabilità. Quella di informare, di mobilitare, di non dimenticare. Perché ogni infanzia negata è un fallimento collettivo. E ogni volta che scegliamo di raccontarla, di prendercene cura, facciamo spazio a qualcosa che somiglia alla speranza. Quella vera: quella che si traduce in azione.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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