VITA NEL GREMBO
“Lui non voleva un figlio, mi gridava di abortire”. La testimonianza
Oggi si cerca di rimuovere dal dibattito pubblico le testimonianze di donne che si sono pentite di abortire o che sono state costrette a farlo. Dicono che raccontare queste vicende sia una forma di “propaganda antiabortista”. È, però, un dato di fatto che molte persone, dopo aver praticato o scelto l’aborto, non vivono in pace. Se si vuole favorire una scelta veramente libera, questo va messo sul piatto della bilancia, in un dibattito onesto.
Alcune persone, davanti a una nuova vita inattesa, si trovano improvvisamente messe di fronte alla relazione sbagliata che, forse, stavano accettando da tempo.
Di recente, una donna mi ha confidato che ha rischiato di essere incinta di un uomo che nella vita voleva solo divertirsi e viaggiare. “Ti dirò ogni giorno che questo figlio non lo voglio, ti convincerò ad abortire. E se non lo farai, ti lascerò”, le diceva. La gravidanza, alla fine, non c’era e i due si sono lasciati. Oggi, però, che questa donna è in attesa di una figlia da un altro uomo, suo marito, e vive con gioia la gravidanza, può testimoniare: “Pochi sanno quanto una donna si senta sola e ingabbiata in certi momenti. Ho pensato di abortire, lo ammetto, ma mi sentivo tutt’altro che libera, con lui che mi urlava addosso”. Auspica che le ragazze non facciano il suo errore e si vincolino sessualmente solo con degli uomini veri, retti, capaci di assumersi le proprie responsabilità e di amare tanto la moglie quanto il frutto di un amore condiviso.
Spesso, non si accetta il fatto che l’aborto ferisce anzitutto le donne. E non si vuole vedere che, a monte di questa scelta, non di rado, ci sono dinamiche relazionali difficili, insane, sanguinanti. “Sono fatti suoi, di quella donna, le motivazioni per cui abortisce”, si arriva a dire. Quindi, non importa se il compagno le urla contro? L’importante è che lei possa subito interrompere la gravidanza?
A quanto pare, per molti, sì: visto che si sta lottando anche per togliere figure di ascolto e di supporto di fronte a una gravidanza difficile.
Non ci si accorge che, mentre si crede di promuovere la libertà, in realtà si cade nell’ideologia o, peggio, nell’indifferenza. Si favorisce la chiusura della donna in sé stessa, in un momento in cui avrebbe bisogno di tutto, meno che di sentirsi sola.
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Il lutto perinatale esiste
Tempo fa, mi è capitato di fare una ricerca su Google. Ho scritto solamente la frase “Mi sono pentita di aver”. La quinta parola che Google stesso mi ha suggerito è stata “abortito”.
Accettando il suggerimento, sono stata indirizzata in un forum femminile. Mi ha colpito la testimonianza di una donna: “Sono passati tre giorni da quel venerdì in cui presi la seconda dose di pillole… e che dire… mi sento vuota, non sto bene con me stessa, non dovevo farlo… potessi tornare indietro non lo farei mai e poi mai…”
Altre – non una, molte – le dicevano di comprendere ciò che stava vivendo: avevano passato la stessa cosa. Al tempo stesso la consolavano, ricordandole che per fare un figlio occorre la persona giusta e che “Se lui era immaturo, se ti tradiva, se non era l’uomo adatto con cui fare un figlio… hai fatto bene”. Oggi, tuttavia, si cerca di rimuovere queste testimonianze dal dibattito pubblico, perché considerate esperienze personali – e quindi non universalmente valide – e poi perché si sostiene che raccontare queste vicende sia una forma di propaganda antiabortista. Eppure, se si vuole favorire una scelta veramente libera, anche questo va messo sul piatto della bilancia, in un dibattito onesto.
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Quando inizia la vita? Il vero punto della questione
La visione per cui l’aborto non solo sia giustificabile, ma indice di libertà e progresso – a prescindere dalle motivazioni – si sta diffondendo sempre di più nella nostra società.
Il concepito, la concepita, non sono visti come esseri umani in via di sviluppo, ma etichettati come “ammassi di cellule”, al pari di una ciste, di un’ernia. Né più, né meno, se non dal punto di vista biologico, almeno dal punto di vista del valore che possono avere ai nostri occhi.
D’altronde, se anche persone di buona volontà – forse non cristiane, ma oneste e impegnate nel sociale -, se medici preparati e sicuramente dediti a salvare vite si prestano e sostengono la pratica dell’aborto è perché, in quella vita umana all’inizio del suo viaggio non vedono già un loro simile. Non vedono un essere umano.
Il punto focale del dibattito, quando si parla con una persona che si dichiara pro-choise – la quale, normalmente, non è favorevole all’omicidio (ne troverete molti anche vegani, perché sono sensibili all’uccisione degli animali) – è questo: “Lì, non c’è ancora una vita umana”. Non vedono l’“uomo” o la “donna” che il concepito o la concepita sta già iniziando a diventare. L’embrione o il feto (in base al periodo di gestazione a cui ci riferiamo) rientrano, per loro, nella categoria di “materiale organico”, senza un’identità propria. Ecco perché è permesso rimuoverlo (non diranno mai “ucciderlo”). Quella vita nascosta nell’utero, piccola, in germe, non viene proprio riconosciuta nella sua unicità, seppure abbia già un cuore che batte, possieda un suo patrimonio genetico, sia dotata di un DNA che custodisce e contiene le informazioni su come avrà gli occhi e i capelli. Seppure sia dotata di un principio vitale nuovo, indipendente da quello dei genitori, originale e irripetibile.
Tuttavia, nessuna teoria e nessuna legge potranno ma cancellare il fatto che, ognuno di noi, ha iniziato ad esistere nel momento esatto del concepimento. Non un secondo prima, non un attimo dopo. E, spesso, dopo aver abortito, sono le stesse mamme, i papà o le coppie a rendersi conto di ciò che è accaduto. Se così non fosse, non esisterebbero realtà utili come La Vigna di Rachele, che aiutano tantissime persone a superare le ferite del post-aborto.
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Non capisco tanto cosa tu voglia indicare con vista a 90 gradi dell’uomo e a 360 della donna… come anche…
Grazie! Don Silvio, esprimi la bellezza della conuglialità, quale dono meraviglioso di Amore, ma indicando sentieri di amore coniugale, nel…
sarebbe interessante aggiungere una valutazione sul comportamento dell'attuale governo