vita nascente

Dare un nome all’amore: la testimonianza di Gabrielle e la voce delle famiglie ferite dal lutto perinatale

statua angelo

La storia di Gabrielle racconta la luce che nasce dal dolore di due aborti spontanei tardivi. I suoi figli, nati troppo presto, restano presenza viva nella memoria e nella fede. Con questa testimonianza, come Punto Famiglia, lanciamo un appello a tutte le coppie: #daiunnomealtuobambinomainato, perché ogni vita, anche la più fragile, merita riconoscimento e dignità.

Gabrielle Neuville ha 32 anni, è sposata da otto e oggi abbraccia tre figli sulla terra e due piccoli santi che intercedono dal Cielo. Dopo anni di insegnamento, ha trasformato la fotografia in un lavoro e in una missione: catturare lo splendore della vita, con uno sguardo che riflette la tenerezza di Dio.

Per lei la macchina fotografica non è solo uno strumento tecnico, ma un invito a contemplare il volto altrui. Questo sguardo d’amore l’ha accompagnata anche nei momenti più drammatici della sua vita: quando ha potuto stringere tra le mani Cyril e Joseph, i figli nati troppo presto. Gabrielle e suo marito hanno vissuto infatti l’immenso dolore di vedere i loro ultimi due figli nascere a 120 giorni di amenorrea, ovvero a tre mesi e mezzo di gravidanza.  Minuscoli, eppure perfettamente formati. “Vederli, contarne le dita, baciarli, mi ha permesso di riconoscere che esistevano davvero, che avevano un posto nella nostra famiglia”, racconta.

Il dolore e la speranza di due aborti ravvicinati

I due aborti spontanei tardivi sono avvenuti a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Due notti segnate da contrazioni, sangue, paura, eppure anche da un amore immenso. Nel caso del primo figlio, Cyril, Gabrielle ha avuto una grave emorragia. I soccorsi sono stati chiamati molto rapidamente e lei è stata trasferita in ospedale proprio mentre la coppia aveva appena deposto il corpo del loro bambino in una piccola scatola. Gabrielle è arrivata in stato di shock emorragico e i medici sapevano di avere non più di tre minuti per correre in sala operatoria e salvarla. In questo tumulto, Gabrielle ha ricordato la sua lotta per vivere mentre perdeva conoscenza e il corpo probabilmente nel tumulto fu gettato nella spazzatura. Un dolore che trafigge il cuore della coppia quando scoprono che avrebbero potuto seppellirlo.

Con Joseph, il secondo figlio, la procedura fu diversa: i medici proposero una registrazione e una sepoltura. Gabrielle e il marito, tra dubbi e dolore, hanno scelto di offrirgli un funerale semplice ma pieno di preghiera, accompagnati dal loro parroco. “Quel rito è stato come un battesimo d’intenzione”, spiega, “un atto di fede che ha riconosciuto l’ingresso in Paradiso del nostro bambino e ha riparato, in qualche modo, anche la perdita del fratellino Cyril”.

Un lutto che chiede di essere nominato

Il funerale di Joseph non ha consolato solo Gabrielle e suo marito. Una coppia anziana, presente per sostenerli, trovò finalmente il coraggio di raccontare la propria ferita di oltre quarant’anni prima: una bambina mai sepolta, dimenticata dalla burocrazia e dal tempo. Le lacrime di quegli sposi rivelarono che il lutto perinatale, se non riconosciuto, resta aperto per sempre.

Da questa esperienza nasce l’urgenza di testimoniare, di rompere il silenzio che avvolge i bambini nati troppo presto. “Non sono fantasmi discreti da nascondere, ma creature amate da Dio, santi già in cielo”, dice Gabrielle.

La fede come compagna di cammino

La giovane madre racconta di aver trovato sostegno nel rosario, che ha imparato a pregare durante le sue gravidanze interrotte. Oggi, conclude ogni decina invocando i suoi figli: “Piccolo san Cyril, piccolo san Joseph”. Questo la aiuta a vivere la comunione dei santi non come un concetto astratto, ma come una realtà quotidiana.

La coppia, segnata dalle prove fisiche e psicologiche, ha scoperto anche una rinnovata profondità nell’amore coniugale. “Mio marito è stato la mia forza quando non riuscivo nemmeno ad alzarmi. Non ero più la donna che volevo essere per lui, ma lui è rimasto. E ora ci amiamo ancora di più”, confida Gabrielle.

Un appello alle famiglie e alla società

La storia di Gabrielle mette in luce una realtà spesso dimenticata: la perdita di un figlio in gravidanza non cancella la sua esistenza. Per questo, come Punto Famiglia, vogliamo lanciare un invito a tutte le coppie e alle istituzioni: riconoscere, nominare, dare dignità a ogni bambino nato troppo presto.

Ogni piccolo ha un posto nella famiglia e nella società. Dare un nome significa affermare che non è stato “un niente”, ma un figlio, una persona, un dono. È un atto di verità e di amore che guarisce il cuore dei genitori e illumina la comunità.

Per questo lanciamo l’hashtag: #daiunnomealtuobambinomainato.

Perché ogni vita, anche la più fragile, merita di essere ricordata.

Raccontaci la tua storia: scrivi a redazione@puntofamiglia.net, ti aiuteremo ad dare un nome al tuo bambino mai nato, sarà ricordato nel libro d’oro degli Angeli.




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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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