Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Gal 6,14-18

Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

 Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.

D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.

 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Il commento

“Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (6,14). L’incontro con il Crocifisso nella chiesetta diroccata di san Damiano rappresenta il passaggio decisivo, il sigillo definitivo di quel cammino di conversione che il giovane Francesco aveva intrapreso da qualche anno. L’immagine del Crocifisso entra nel suo cuore e vi rimarrà per sempre. Quel giorno comprende che l’unica che conta è quella di vivere ad immagine del suo Signore. Non basta condividere le sue idee, parlare nel suo nome. È necessario diventare come Lui, fino al punto da poter dire con san Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Da quel giorno la croce diventa la luce che rischiara tutti i suoi passi e troverà la sua ultima consacrazione sul monte della Verna, due anni prima di morire, quando Francesco riceve le stigmate come segno della sua piena appartenenza al Signore Gesù.

La letizia francescana non va confusa con l’allegria scanzonata e superficiale. La vera letizia nasce dalla certezza di essere amati. Le difficoltà e le sofferenze non possono cancellare la gioia che abita un cuore abitato da Dio. La pagina dei Fioretti in cui Francesco spiega a frate Leone cosa è perfetta letizia è una delle vette della testimonianza che il Santo di Assisi ha lasciato alla Chiesa. Riporto solo la conclusione:

“se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia” (FF 1836).

La sapienza di Francesco è quella di un povero che non desidera altro se non imitare il suo Signore, umiliato fino alla morte di croce (Fil 2,8). Una delle orazioni liturgiche della festa odierna ci fa pregare così: “L’offerta di questi doni, o Signore, ci disponga a celebrare degnamente il mistero della croce, al quale san Francesco d’Assisi aderì con ardente amore” (Sulle offerte). È questa la grazia che oggi chiediamo.