Nobel per la Medicina di quest’anno a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi. Sono stati premiati per aver svelato i segreti delle “sentinelle” del nostro sistema immunitario: cellule capaci di difendere l’organismo distinguendo con precisione ciò che è “noi” da ciò che non lo è. Un equilibrio sottile, quasi filosofico, tra difesa e tolleranza, tra identità e alterità. Questa scoperta – spiegata dal genetista Giuseppe Novelli – è molto più di un avanzamento tecnico. È una lezione di armonia biologica. Il nostro corpo sopravvive grazie alla capacità di riconoscere se stesso e di rispettare la propria integrità, senza confonderla con l’aggressione indiscriminata. Quando questo equilibrio si rompe, nascono le malattie autoimmuni: la vita che distrugge se stessa.
Ed è qui che vorrei porre una riflessione: come può la medicina, la stessa che premia le cellule regolatorie per la loro capacità di proteggere la vita, essere anche lo strumento che accompagna alla morte? Come può la scienza che insegna il valore del riconoscere e preservare ciò che è “proprio” giustificare, in nome della libertà, la rinuncia definitiva a se stessi con il suicidio assistito? Le cellule regolatorie T – le protagoniste di questa scoperta – non uccidono, ma impediscono che l’organismo si autodistrugga. Non sono guerriere cieche, ma custodi consapevoli. Ci dicono, in termini molecolari, che la vita si difende solo se sa distinguere, ma soprattutto se sa perdonarsi. Forse, allora, il messaggio più profondo di questo Nobel non è solo scientifico, ma umano. La medicina del futuro non può limitarsi a guarire: deve custodire. Non può diventare complice della resa, ma alleata della resistenza.
Permettetemi un ulteriore suggestione. Quando ero giovane facevo parte di un gruppo che si chiamava La Sentinella, diventato poi il movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Quel nome, scelto insieme ai miei amici nel fervore degli anni, voleva custodire la vita interiore, vegliare perché il maligno, con la complicità della notte, non entrasse a rubare la speranza cristiana. Era un invito a restare svegli, a proteggere ciò che di più fragile e vero abita in noi. Una sapienza semplice, ma profonda, che oggi la scienza sembra riscoprire nei meccanismi più intimi del nostro corpo. Forse dovremmo tornare ad ascoltare quella lezione: essere sentinelle della vita, dentro e fuori di noi.
Il Caffè sospeso...
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Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).



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Non capisco tanto cosa tu voglia indicare con vista a 90 gradi dell’uomo e a 360 della donna… come anche…
Grazie! Don Silvio, esprimi la bellezza della conuglialità, quale dono meraviglioso di Amore, ma indicando sentieri di amore coniugale, nel…
sarebbe interessante aggiungere una valutazione sul comportamento dell'attuale governo