CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Terrorismo, le domande dei nostri figli e le risposte che dobbiamo dare

23 Novembre 2015

Parigi attacchi terroristici - 13 novembre 2015

Non siamo più abituati a vedere scene di guerra tra le strade delle nostre città. Ma dobbiamo affrontare questa emergenza mondiale che ci vede impegnati prima di tutto come genitori. Ecco quindi la testimonianza di una madre che si chiede: “cosa possiamo e dobbiamo fare?”

Caro Don Silvio,

come va la vita a Lisieux? Quali ripercussioni sta avendo su di voi la strage avvenuta a Parigi? Ieri anche Francesco ed Emanuele erano un po’ preoccupati per voi…. Francesco ieri sera aveva paura di andare a dormire, forse poiché è più grande, riesce meglio a percepire il male che c’è in tutta questa vicenda e le conseguenze che ne potrebbero derivare. Cosa possiamo e dobbiamo fare in una vicenda come questa?

Emma

Cara Emma,

quello che è accaduto tocca il cuore di tutti e fa sorgere in ciascuno tanti interrogativi ma non ha ripercussioni immediate, non cambia la vita, almeno di una piccola cittadina come Lisieux.

Capisco lo sgomento di tutti, anche dei più piccoli. In fondo, una violenza così brutale è del tutto sconosciuta non solo alle nuove generazioni ma anche alla mia, che pure ho qualche anno in più. La seconda guerra mondiale, insieme alla distruzione materiale, ha generato il desiderio di voltare pagina e di abbandonare per sempre la guerra. Abbiamo vissuto un lungo tempo di pace. Grazie a Dio e agli uomini di buona volontà.

Per questo ci sentiamo spiazzati. Non siamo più abituati ad affrontare situazioni di questo tipo. È triste parlare di guerra ma forse è proprio questa la parola più adatta. Non ci illudiamo, oggi è in atto uno scontro violento tra due modi di intendere la civiltà. Non è un gruppo di psicopatici, come qualcuno li ha definiti.

Cosa fare, allora? In primo luogo dobbiamo parlarne con i nostri figli, evitando di pensare che sono troppo piccoli per comprendere eventi come questi. Chi ha la responsabilità educativa ha l’obbligo di insegnare a leggere gli eventi. Anzi, possiamo dire che è proprio questa la prima e fondamentale educazione. Dobbiamo dire che vi sono uomini che fanno il male. E pretendono di farlo in nome di Dio. Tutto questo, dobbiamo dirlo con calma e fermezza, è profondamente sbagliato perché ogni offesa fatta all’uomo è anche un’offesa a Dio. Non possiamo accettare il male.

Il male fa paura. Non possiamo pretendere di non aver paura né possiamo vendere illusioni ai più piccoli. Ma non dobbiamo restare schiavi della paura. “Non avrete il mio odio”, ha scritto un uomo che negli attentati di Parigi ha perso la moglie ed è rimasto solo con un bambino di 17 mesi. Odiare significa cadere nella trappola, assumere lo stesso atteggiamento di chi semina il terrore. La rabbia istintiva ma non l’odio; il desiderio di giustizia, non la vendetta. Siamo certi che l’amore è più forte della morte.

Mia cara, capisco che anche tu oggi guardi con maggiore trepidazione al futuro e ti chiedi in quale mondo cresceranno i tuoi figli e quali battaglie dovranno affrontare. Non lasciarti prendere dalla paura. E cerca di trovare le parole adatte per dire ai tuoi figli che il coraggio di affrontare la vita non nasce della forza, dalla certezza di poter rispondere colpo su colpo, ma dalla fede. Possiamo guardare al futuro senza paura perché sappiamo che Dio è più forte, niente e nessuno può spegnere la luce del suo amore. A questo punto il dialogo diventa preghiera. E ci accorgiamo allora che siamo tutti figli, grandi e piccoli e tutti bisognosi di sperimentare la paternità di un Dio che non ci abbandona. È quello che chiedo anch’io. Ogni giorno. Un caro saluto e un affettuoso abbraccio a ciascuno dei tuoi figli.

Don Silvio




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