CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Un amore capace di trasformare ogni dolore in gioia

11 Luglio 2016

Antonio e Nausicaa

“Celebrare le nozze nella prospettiva cristiana vuol dire consegnare a Dio la vita e chiedere la grazia di essere sacramento del suo Amore. Ricordate che il matrimonio vi costituisce ambasciatori di Dio. È un grande onore”, don Silvio scrive ad una coppia che si prepara a celebrare le nozze.

Carissimi Antonio e Nausicaa,

vi scrivo dopo l’adorazione notturna che abbiamo vissuto nella stanza nuziale di Casa Martin [ad Alençon, ndr], in effetti la Cappella e la stanza degli sposi sono come incastonate e formano un’unica grande sala. La Cappella è il luogo in cui ogni giorno si rinnova l’alleanza sponsale tra Cristo e la Chiesa, la stanza è memoria di quel patto che ha unito Luigi e Zelia sulla terra e nell’eternità. Durante l’adorazione ho pregato per voi in modo tutto speciale, affidando al Signore i vostri sogni ma soprattutto chiedendo per voi la grazia di cercare anzitutto e soprattutto il Regno di Dio. La fede ci invita a sottomettere ogni cosa alla volontà di Dio, anche i desideri più belli. Non tutti lo comprendono ma è questo il segreto della gioia.

Stando in questo luogo, dove tutto parla della famiglia Martin, è ovvio consegnarvi la testimonianza della piccola Teresa, incomparabile maestra di vita spirituale. Quando entra al Carmelo aveva poco più di quindici anni ma aveva già raggiunto una straordinaria maturità spirituale. Rileggendo la sua esperienza, sette anni dopo, scrive così:

« Le illusioni… Dio mi ha fatto la grazia di non averne entrando nel Carmelo; ho trovato la vita religiosa tal quale me l’ero figurata, nessun sacrificio mi ha meravigliata, eppure, madre mia cara, lei lo sa, i miei primi passi hanno incontrato più spine che rose! Sì, la sofferenza mi ha teso le braccia, e mi sono gettato con amore ».

Teresa ha messo in conto le difficoltà, anzi ha abbracciato la sofferenza come una sorella, ha fatto della sofferenza una preziosa alleata nel cammino verso la santità. Con lei ha scalato la santa montagna. Due mesi dopo il suo ingresso in monastero il padre scompare, lo ritrovano quattro giorni dopo. È l’inizio di quella malattia mentale che poco alla volta si aggrava e costringe le figlie a portarlo in una casa di cura. Impossibile descrivere la croce interiore che prova Teresa. Avrebbe potuto pensare che la scelta di lasciare casa – lei che era la prediletta – aveva in qualche modo favorito l’infermità. Ad uno sguardo umano potremmo dire che la sua vita in monastero inizia nel modo peggiore. Eppure Teresa definisce la malattia del padre “la nostra grande ricchezza”.

Anche voi, cari amici, non dimenticate che la croce è la sorgente di ogni grazia perché dal costato aperto del Crocifisso, apparentemente senza vita, è sgorgato “sangue e acqua”, “un torrente di grazia che lava i peccati del mondo”, cantiamo nella liturgia. Non cercate la croce ma non fuggite la croce. Cercate e chiedete di avere un amore capace di trasformare in gioia ogni dolore. È questa l’unica preghiera che si dovrebbe fare nel giorno delle nozze. Ma pochi lo sanno.

Celebrare le nozze nella prospettiva cristiana vuol dire consegnare a Dio la vita e chiedere la grazia di essere sacramento del suo Amore. Ricordate che il matrimonio vi costituisce ambasciatori di Dio. È un grande onore. Non limitatevi a parlare di Dio, fate della vostra vita una parola di Dio. Le vostre scelte devono avere il profumo del Vangelo. Mancano pochi giorni alle nozze, sicuramente avete ancora tante cose da fare, vi invito però a preparare il cuore con una novena ai Beati Martin [all’epoca non erano stati ancora proclamati santi, ndr]. Il Signore gradisce questi piccoli gesti di affidamento. In Lui vi abbraccio e benedico.

Don Silvio




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