CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

La sofferenza della separazione, il martirio della fedeltà

25 Settembre 2017

Cosa succede quando uno dei coniugi rompe il patto nuziale? Cosa fare per custodire la fedeltà nonostante la separazione e la solitudine? Don Silvio: “Gli sposi che accettano di restare fedeli al loro matrimonio, anche quando tutto sembra finito, a mio parere, possono ricevere il titolo del martirio”.

Cara Antonella,

la tua lettera esprime in modo eloquente la sofferenza di chi, avendo scelto la vita coniugale, si trova ora ad affrontare una solitudine che non ha scelto e che, per di più, sente come un’ingiustizia. Il patto nuziale riempie la vita di gioia. Te lo dico con tutta franchezza: l’assenza dello sposo genera un vuoto affettivo che non potrà essere colmato. Non tutto. Resterà sempre una parte di sofferenza, più o meno ampia, che fa male e, in alcuni momenti della vita, emergerà in modo acuto, perfino con prepotenza, fino al punto che ti sentirai soffocare. È inevitabile che sia così! L’amore non è un gioco di sentimenti, se lo sposo viene meno si rompe qualcosa dentro di noi.

Sono anni che svolgo il mio ministero sacerdotale ed ho incontrato tanti sposi che hanno resistito “fino al sangue” (per usare un’espressione biblica: Eb 12,4). Gli sposi che accettano di restare fedeli al loro matrimonio, anche quando tutto sembra finito, appartengono a questa categoria e, a mio parere, possono ricevere il titolo del martirio, in quanto sono testimoni autentici della fede. In effetti, solo la fede in Gesù Cristo può renderli capaci di vivere quel patto nuziale che l’altro coniuge ha palesemente stracciato.

Hai tante buone ragioni per essere delusa e tirare in remi in barca. Ma questa via non porta da nessuna parte. Anzi, accresce il dolore e la solitudine. Per custodire la fedeltà ed evitare che la sensazione di vuoto prenda il sopravvento, alimentando la ricerca di altre relazioni affettive, devi fare alcune scelte e prendere alcune precauzioni.

In primo luogo devi custodire il valore della fedeltà, cioè alimentare l’intima certezza che il patto coniugale è un valore, anche se oggi sei chiamata a viverlo in una condizione di fatica e di sofferenza. Se invece inizi a pensare di aver subito un torto, diventa naturale cercare di riempire il vuoto affettivo con un’altra relazione affettiva. Questa ricerca appare non solo naturale e legittima ma anche doverosa. Non si tratta solo di rispettare un impegno liberamente assunto. Nella logica della fede questo patto è icona dell’alleanza salvifica che unisce Cristo alla Chiesa. Custodire il vincolo significa dunque partecipare e collaborare all’opera di salvezza.

In secondo luogo, ti invito a intensificare il legame con Gesù Cristo. Se lo sposo secondo la carne viene a mancare, lo Sposo divino resta fedele. Devi perciò imparare a coltivare una relazione sempre più intima con il Signore. La partecipazione eucaristica gioca un ruolo particolare perché in quello che viene giustamente chiamato il Sacramento dell’amore, noi incontriamo Colui che ha rivelato l’amore gratuito di Dio, fino al dono supremo di sé.

In terzo luogo, è necessario investire maggiori energie nella carità. Non puoi passare il tempo a piangere e devi stare attenta a non cadere nella logica della lamentazione. Qualche mese fa un giornale riportò una foto che ritraeva una frase scritta all’ingresso dell’appartamento del Papa: “Vietato lamentarsi”. Vietato perché inutile e dannoso. È opportuno invece investire più energie nella carità verso il prossimo, in tutte le forme possibili alle capacità e alle condizioni di vita. In questo modo invece di rivendicare l’amore che ci è stato sottratto, ci impegniamo a donare l’amore, invece di restare prigionieri di noi stessi, ci mettiamo gratuitamente al servizio del prossimo.

Tutto questo non evita di sentire il vuoto affettivo. Chi sceglie di digiunare, non può evitare di sentire i morsi della fame. Chi è privato dell’amico e dello sposo, non può non sentirne la mancanza. Ma se il sacrificio ha valore sul piano della storia salvifica, se non è spazzatura da buttare, allora proprio quel vuoto sentito e offerto, ci rende più pienamente collaboratori di quel Dio che non si stanca di combattere il male attraverso la preghiera e i sacrifici dei suoi figli più piccoli.

Le mie parole non possono darti la pace ma orientano il tuo cuore verso Colui che sa accogliere e consolare quelli che sono stanchi e sfiduciati. Corri da Lui, lo Sposo fedele. Ti saluto affettuosamente

don Silvio

 




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