CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

L’amore per l’Eucaristia è il cuore della vita credente…

4 Maggio 2020

Eucaristia

Se si parlasse di altre situazioni, si alzerebbe subito il disco verde: love is love. L’amore per l’Eucaristia, invece, è derubricato ad estremismo devozionale. In questo tempo in cui tutti vogliono occupare la scena, la Chiesa mette al centro Gesù e ricorda a tutti, credenti e non, che senza di Lui non c’è salvezza.

In queste settimane tanti sono scesi in campo per spiegare l’impossibilità di celebrare Messe con il popolo: teologi, pastori, medici… e tutti hanno usato le parole più raffinate per accreditare la scelta governativa come se fosse l’unica possibile, quella più ragionevole, cioè quella più conforme ai rigorosi criteri della salute pubblica. Impeccabili nelle loro argomentazioni, riescono quasi a convincere anche i più sospettosi come me. 

E poi… mi accade di ricevere lettere di sposi che manifestano il desiderio di ricevere Gesù Eucaristia con una passione che sinceramente mi commuove. Come questa:

“Tante volte avevo elemosinato anche solo le briciole del Pane che cadevano dalla tovaglia perché non siamo degni neanche di ricevere quelle briciole e Lui è venuto nella nostra casa, e proprio nell’anniversario del nostro matrimonio, in una forma ancora più straordinaria, ancora più gratuita, che ha stupito noi e i nostri figli e ci ha fatto piangere di gioia…”

È solo uno stralcio di una lettera più lunga e dettagliata ma è sufficiente per farci entrare nel cuore di tanti umili battezzati che vivono questa situazione con una sofferenza che gli intellettuali e i professionisti della teologia non potranno mai capire appieno. Se si parlasse di altre situazioni, alzerebbero subito il disco verde: love is love. In questo caso, invece, l’amore eucaristico è derubricato ad estremismo devozionale. Abbiamo la Parola, dicono gli intellettuali, abituati a scrutare le pagine bibliche. Non manca certo la possibilità di pregare, suggeriscono i monaci, al riparo dei loro monasteri silenziosi. Anzi, questo tempo offre la possibilità di vivere la preghiera con un’intensità nuova. Tutto bello! Peccato che non corrisponde alle possibilità che offre la chiesa domestica in cui occorre far fronte alle più disparate necessità. 

Sono certo che se tutti i laici – ma proprio tutti – avessero comunicato ai propri vescovi la propria sofferenza per questa situazione inedita e prolungata, se avessero inondato il cuore dei Pastori con le lacrime della fede, li avrebbero commossi, avrebbero compreso che una parte significativa del popolo di Dio sa qual è il cuore della fede e non vuole perdere il tesoro più prezioso per non trovarsi pieni di cose e privi di vita perché, come dice Gesù, “dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). 

Ma la pandemia ha improvvisamente cambiato le carte, offuscando drammaticamente lo sguardo dei credenti. Alcuni amici, della cui fede non dubito, persone impegnate nella vita ecclesiale, mi hanno riferito che per il solo fatto di scrivere sulla loro pagina Facebook che sentivano la mancanza del Pane eucaristico, sono stati attaccati malamente dai campioni dell’obbedienza perché appare come una critica alla scelta dei Vescovi. Alcuni hanno preferito togliere il post (!), altri hanno scelto di non manifestare il proprio disagio per evitare inutili polemiche. Dinanzi a tutto questo resto sconcertato. Non celebrare la Messa con il popolo non è stata una scelta della Chiesa ma una vera e propria imposizione governativa, accolta dai Vescovi con coscienza e senso di responsabilità. A mio parere con un atteggiamento fin troppo arrendevole. Ma non è questo che conta. La vera sfida è un’altra: se non possiamo dire che abbiamo bisogno di Gesù Eucaristia e se qualcuno vuole convincerci che possiamo anche fare a meno della Messa per lunghi mesi, vuol dire che la pandemia contagia e inquina anche la mente. 

Ai campioni dell’obbedienza faccio notare che i Vescovi della vicina Francia hanno reagito molto male alla decisione unilaterale del Governo transalpino di riaprire il culto a partire dal 2 giugno. Hanno pubblicato un comunicato durissimo in cui si sottomettono a quella che in ogni caso ritengono una “imposizione”, peraltro poco rispettosa del ruolo che la Chiesa svolge nella vita sociale e invitano perciò i rappresentanti delle istituzioni ad aprire un tavolo di confronto e chiedono espressamente di riprendere le celebrazioni a partire dalla Pentecoste (31 maggio).

Dopo averne dette quattro al Governo in carica i Vescovi francesi hanno vigorosamente esortato i cattolici a recarsi in chiesa per la preghiera individuale, invitandoli a vivere questo mese di maggio come un tempo prolungato orante in attesa dello Spirito, insieme a Maria, la Madre di Gesù. A me sembrano parole semplici ma cariche di fede perché ci conducono all’essenziale. In questo tempo in cui tutti vogliono occupare la scena, sicuri e baldanzosi di avere la ricetta per guarire l’umanità malata, la Chiesa mette al centro Gesù e ricorda a tutti, credenti e non, che senza di Lui non c’è salvezza. A me sembra che sia questo e non altro la missione che Dio ha affidato alla Chiesa.




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